Il tema di Theoris di oggi vuole essere una riflessione sull’effettiva valenza formativa delle categorie di passaggio in vista del professionismo, partendo da un’analisi dei calendari internazionale e nazionale, appena pubblicati, e di quello regionale 2015 (il 2016 è in via di definizione), cercando di dare uno spunto concreto ad atleti, team e organizzatori.
DOMANDA E OFFERTA – Sempre di più sentiamo parlare di adeguare l’offerta formativa scolastica e universitaria alle esigenze del mondo del lavoro, proponendo piani di studi con corsi che si uniformino alla richiesta futura del mercato. Formare e preparare in modo da replicare quello che poi sarà l’attività futura, questa è la nuova frontiera nella formazione, ma il mondo del ciclismo Italiano sembra non riuscire a seguire questa tendenza. Certo un grandissimo peso lo ha la crisi economica e l’evolversi dei tempi (esempio: il traffico) che ha “rimescolato” un sistema che per anni è stato il faro invidiato di tutto il mondo, ma come sempre il miglioramento e il cercare nuove soluzioni, dipende anche dalla volontà dei singoli e dal ricercare nuove soluzioni.
Perciò vediamo oggi cosa propone il dilettantismo Italiano, il panorama europeo e quanto chiede il Word Tour; tre paralleli virtuali, per uno spunto utile a chiarire la problematica e trovare nuove soluzioni. Dato che l’obiettivo è delineare una tendenza, l’analisi è stata fatta con una scansione totale “al lordo” includendo tutti i giorni di gara, come se un atleta potenzialmente potesse correre tutte le gare, anche le concomitanti, e non scegliendo gli obbiettivi più graditi.
FORMAZIONE “A TAPPE” – La differenza principale è la distribuzione della tipologia di gare: un atleta che affronta il calendario WT ha il 42% di gare del calendario, “a tappe” che, considerando almeno un Grande Giro (20gg) vuol dire che ben oltre il 50% del suo volume agonistico di giornate di gara e su manifestazioni a tappe.
Anche per un atleta di un team Professional il rapporto è simile (38%) soprattutto se il team è affiliato in un paese con numerose gare e ha un palmares tale da essere invitato a un grande giro. Paradossalmente questi sono i team con un calendario potenzialmente più corposo potendo partecipare anche alle 1.2 del proprio paese. Da segnalare l’anomalia tutta italiana per cui questa opportunità non viene sfruttata dai team Pro che, invece, si trovano puntualmente a calcare l’Europe Tour all’estero.
Da questi numeri appare chiaro che un atleta continental o dilettante che aspiri a salire di categoria dovrebbe essere preparato principalmente per le gare a tappe. Ma vediamo ora il quadro-gare affrontate da queste categorie.
Per i team Continental le opportunità non dovrebbero mancare. Potenzialmente il calendario fa il pari con quello a cui possono accedere i team Professional (gare World Tour a parte) e, avendo gli inviti e la volontà di viaggiare (e qui forse stà il problema), questi atleti possono contare su una quota di gare a tappe del 38%
Infine, è analizzando l’attività dei dilettanti italiani che si scoprono interessanti opportunità. Per i team che hanno volontà e vocazione di andare all’estero, si scopre che l’Europe Tour è una miniera di gare a tappe, la percentuale è del 37% rispetto al totale, sufficiente a preparare al meglio gli atleti.
Certo, le gare a tappe non sono sulle 2-3 settimane come accade per il World Tour, ma dai 3 agli 8 giorni, comunque sufficienti a far provare agli atleti che la classifica finale la fa l’orologio e magari, attività che non guasta, ci si può cimentare anche in una crono, o a curare una classifica.
CIRCUITI SU CIRCUITI – Veniamo ora a chi in pieno spirito autartico volesse misurarsi solo nell’italico Paese. Quest’anno l’unica corsa a tappe per gli Elite è stato il Giro del Friuli; è andata un po’ meglio per gli Under 23 che hanno potuto aggiungere alla lista delle opportunità il Giro delle Pesche Nettarine (che però non si correrà nel 2016) e il Giro della Valle d’Aosta. Appare chiaro, però, che su un numero complessivo di quasi 190 gare, la percentuale di gare a tappe scende ad un misero 1,5%.
Se poi scendiamo nel dettaglio scopriamo che il 40% del calendario dilettantistico italiano è la percentuale dei criterium, ovvero gare con un giro di breve lunghezza da ripetere più e più volte, sul numero totale delle gare tricolori. Certo sono gare importanti anche queste, riempiono un paniere che offre la continuità ai nostri atleti, ma è ben diverso essere un campione “da circuiti” piuttosto che essere uno sprinter da “Arc de Triomphe”. Uno non esclude l’altro ma certamente la strada per arrivarci è molto differente.
Non è in questo articolo che vogliamo dibattere se sia corretto o meno il calendario proposto ai nostri giovani da team che si misurano solo ed esclusivamente in Italia ma non si può non far notare che è sicuramente molto lontano dal modello che i più fortunati ritroveranno nella categoria superiore. Il dato di tre sole gare a tappe (per gli under23, una per gli Elite), per di più di durata piuttosto ridotta, non può sicuramente essere un volume adatto a “formare” un atleta che poi nell’arco della sua carriera farà un filotto di giri.
Chiudiamo con un auspicio. La continuità del calendario Italiano è una risorsa, ma perché non pensare un supporto federale (magari riducendo le buste tecniche per chi lo fà) per cercare di incrementare dei challenge che uniscano gare di tre/quattro giorni consentendo quantomeno di “simulare” dei giri a tappe.