E’ russo, nelle foto sembra avere lo sguardo da pazzo-visionario e non dà l’idea di essere nemmeno troppo simpatico. Ma l’intera Italia ciclistica dovrebbe fare il tifo per lui. Parliamo di Oleg Tinkov, il magnate della Tinkoff-Saxo che qualche giorno fa ha sbottato annunciando di essere pronto a mollare tutto. “Ho lottato ma nessuno è stato dalla mia parte” ha lamentato Tinkov “Il ciclismo così non può vivere. Serve un mercato come quello del calcio. Così, se volessi vendere Peter Sagan, potrei farlo e guadagnare dei soldi”.
Questa volta Tinkov ha ragione. E il ciclismo italiano dovrebbe alzarsi in piedi per applaudire e reclamare a gran voce una modifica di questo tipo. Più di 5.000 juniores, oltre 3.000 dilettanti: il Paese con il vivaio ciclistico più numeroso e di qualità è il nostro. Sono le nostre società che formano e fanno crescere il maggior numero di professionisti del futuro. Italiani e non, passano tutti da qui. Eppure l’Italia anche nel ciclismo è una nazione squattrinata che ormai non ha più nemmeno una formazione World Tour (merito a patron Galbusera per la Lampre ma senza il potere di Merida anche i blu-fucsia non avrebbero la forza per restare a galla nella massima categoria) e ha quattro formazioni professional costrette a barcamenarsi tra mille problematiche economiche.
Nello scorso autunno, dopo che ciclismoweb.net lo aveva già raccontato 12 mesi fa, tutti a scandalizzarsi perchè in Italia per passare professionisti è ormai abitudine, per non dire obbligo, “portare uno sponsor”. Ma se ci fosse un “mercato vero” come quello invocato da Oleg Tinkov, anche questa problematica sarebbe risolta. Con un mercato vero, tutti i team manager delle formazioni continental e professional avrebbero l’interesse ad investire su di un giovane talento da acquistare con poco, da far crescere, valorizzare e rivendere realizzando una plusvalenza importante.
Quanti soldi potrebbero totalizzare i team dilettantistici e continental italiani ogni anno? Quanto avrebbero guadagnato talent scout come Gianni Savio, Angelo Citracca o Bruno e Roberto Reverberi? Quanto varrebbero oggi i cartellini di ragazzi come Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Giovanni Visconti, Diego Rosa, Elia Viviani, Salvatore Puccio, Gianni Moscon, Sacha Modolo, Enrico Battaglin, Davide Malacarne, Valerio Agnoli e tanti altri? Perchè i “grandi team” possono acquistare questi atleti senza sborsare un euro?
La risposta, purtroppo, è semplice. Perchè il ciclismo, specie quello italiano, è ancora lontano anni luce dall’equilibrio trovato dal sistema calcio. Ed è servito un russo spendaccione, con gli occhi da matto, per venircelo a dire.
Possibile che in tanti anni nessuno in Italia sia riuscito a proporre e dar vita a tutto questo?
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