Utilizza Facebook, scrive migliaia di mail, usa WhatsApp, è tecnologico. Giovane, in gamba, preparato, sa parlare con cognizione di causa, di bell’aspetto. E’ il volto nuovo dei giudici di gara della new generation. Sandro Checchin rappresenta ciò che vuol essere oggi il mondo dei fischietti e delle casacche blu. Non più fischietto solo fischietto e registratore alla mano appunto ma tecnologia, velocità, e soprattutto giovane età.
“I nostri ragazzi che si sono avvicinati al mondo delle corse dall’altra parte della barricata – racconta il veneziano Sandro Checchin commerciale nel mondo della pubblica amministrazione a margine del convegno regionale dei giudici veneti che si è svolto a Castelfranco Veneto all’Hotel Fior – hanno grande professionalità. Senza togliere ovviamente alla grande esperienza di gente che ha fatto la storia del mondo del ciclismo con la giacca blu, da Antonio Dal Col e Antonio Pegoraro o Albino Bertazzon o Celeste Granziera e ai quali dobbiamo veramente tanto, ora ci dobbiamo adeguare ai tempi. L’identikit del giudice di gara oggi è appunto giovane, quasi sempre laureato anche se è stato corridore o dirigente di società o comunque professionista. Oggi si deve essere attenti a tutto. La tecnologia che imperversa nel mondo, con i social media, gli smartphone, internet o altro, costringono a non far mai scendere l’attenzione durante le gare, a controllare tutto e tutti. Nulla può più sfuggire. Perché anche ogni nostro piccolo errore può essere messo in evidenza da altri. A bordo strada tutti riprendono tutto ormai quindi un giudice deve essere più vigile che mai”.
Solo tecnologia o solo regolamento o anche “elasticità”?
“Ai giovani che hanno seguito i nostri corsi abbiamo insegnato una cosa fondamentale su tutte. Va bene il regolamento, le regole sono scritte e devono essere rispettate ma non ci deve essere più la rigidità di un tempo, nel senso che si deve dialogare con tutte le componenti del ciclismo che convergono in una gara, dai direttori sportivi ai giornalisti agli organizzatori ai direttori di corsa agli organi federali in genere persino ai genitori. Il ciclismo ha bisogno di tutte queste persone per alimentare il nostro movimento, gli scontri non sono mai salutari. E la categoria dei giudici troppo spesso si è trovata tra l’incudine e il martello di tutte queste componenti. Essere oggi giudici richiede si passione ma anche grande preparazione. E noi in Veneto, lo dico con orgoglio, ne siamo davvero un esempio. Sforniamo giudici che poi salgono alla ribalta internazionale, pensiamo solo a Chiara Compagnin, prima giudice d’arrivo donna nella storia del ciclismo al Giro d’Italia, o Chiara Lovat tra le migliori a dividersi fra strada e fuoristrada o Matteo Brusatin che sarà convocato per Dubai. Insomma i fischietti veneti davvero sono l’orgoglio nazionale”.
Veneto come scuola e capofila di un movimento che ritorna ad avere grande credibilità?
“Ci stiamo impegnando davvero tanto. I nostri giudici hanno capito che il ciclismo non è più quello di decenni fa. Bisogna conoscere le lingue, saper affrontare il mondo, aver una mentalità aperta, e i corridori non sono più quelli di un tempo. Sono professionisti in tutti i sensi, sanno di preparazione, tante volte anche di regolamenti. Perché anche loro affrontano corsi di preparazione, parliamo delle categorie maggiori ovviamente, che spiegano il ciclismo”.
Giudici come Albino Bertazzon ad esempio che con il registratore alla mano non sbagliava nemmeno un corridore in una volata anche di un centinaio di corridori, ne esistono ancora?
“Quello è un dono di natura. Certo, anche la tecnologia in condizioni estreme fallisce, se si rompe un fotofinish mentre c’è la volata il giudice deve essere bravo a non sbagliare l’ordine d’arrivo. Ma spesso e volentieri ci sono cellulari, telecamere macchine fotografiche o altro che ci vengono adesso in aiuto. Il cartaceo, l’ordine d’arrivo redatto con la macchina da scrivere non si trova più. Un mondo antico che lentamente sta scomparendo. Ma ricordatevi. La carta, la penna, la voce e il colpo d’occhio in caso di black out servono ancora”.