“Abbiamo fatto molto in questi anni. Dovevamo ordinare nuovamente le divise dei giudici di gara e abbiamo scelto di tornare alle camicie” il presidente della Commissione Nazionale dei Giudici di Gara, Antonio Pagliara, a Castelfranco Veneto (Tv) nel corso della propria relazione ha parlato del cambiamento che riguarderà i fischietti e non è mancata una nota di colore.
LA RISPOSTA – Il momento è delicato per i giudici italiani. E lo si percepisce ascoltando le parole espresse dal presidente Pagliara: “Non abbiamo lanciato dei giovani allo sbaraglio, grazie al progetto di tutoraggio sul campo che è formativo più che valutativo. Abbiamo bisogno di un cambio generazionale. Abbiamo creato qualche malcontento, ma si tratta di una ventina di persone su un totale di 1.300. Noi non abbiamo mai chiuso le porte a nessuno, siamo stati attaccati, noi non abbiamo scritto alcuna lettera e quelle che ci sono state, sono state più che altro delle auto-esclusioni.”
Il riferimento sembra chiaro alla posizione di alcuni giudici italiani, tra i più autorevoli ed apprezzati in campo internazionale, che si sono trovati in estremo disaccordo con le modalità della gestione dell’intera categoria; su tutti, Francesco Cenere, che con una lettera aperta, qualche settimana fa, ha spiegato i motivi per cui ha deciso di non rinnovare più il proprio tesseramento, nonostante l’UCI lo avesse già designato per la prossima Freccia Vallone e, soprattutto, per il prossimo Giro d’Italia.
Pagliara non le manda a dire e ribadisce: “C’è qualcuno che si è sentito messo da parte perchè prima faceva 20-30 gare importanti all’anno e ora solo 3 o 4. Se questo accade è per fare spazio ai giovani e, se qualcuno ha perso in termini numerici sulle proprie designazioni, significa che qualcun’altro ne avrà pur beneciato”. A chi chiede però un commento sul caso concreto, una risposta alle parole di Cenere, Antonio Pagliara risponde con un serafico: “No comment”. Aggiungendo, per rispondere a chi lo incalza: “Cenere ha rappresentato un patrimonio per il movimento italiano ma… E’ stata una sua scelta, polemica, di cui prendo atto ma con molta tristezza. Non ho ancora avuto modo di confrontarmi con lui per cui non posso valutare pienamente lo spirito di quella lettera”.
IL CAMBIAMENTO – Un cambiamento forte, quello avviato da Pagliara in seno alla categoria dei giudici di gara che ha portato ben 17 nuovi giudici a raggiungere il livello di nazionali elitè. Un passaggio generazionale che, se da una parte ha permesso a tanti giovani commissari di dimostrare il proprio valore in manifestazioni di primo livello, dall’altro sembra aver impoverito la categoria delle personalità di maggior spicco, autorevolezza ed esperienza in uno scontro che è diventato sempre più frontale. Ma il presidente non si ferma a guardare indietro e prosegue elogiando i suoi giovani emergenti: “Questi giovani sono stati super-bravi, hanno superato persino l’esame in lingua inglese e questo li qualifica ancora di più. E il veneto, in tutto questo, è una regione trainante con ben sei giovani giudici che hanno avuto designazioni nel World Tour”.
Cambiamento, ma per gli altri. Il 2016 sarà l’ultimo anno di carica per la commissione guidata da Antonio Pagliara, ma guardando al prossimo quadriennio il presidente dei giudici italiani non si tira indietro: “Tutto dipenderà dal nuovo Consiglio Federale che verrà eletto nella prossima primavera e che avrà il compito di scegliere la nuova commissione. Certo che da parte mia sarò a disposizione per un altro eventuale mandato che ci consentirebbe di completare il lavoro iniziato. Solo un altro però, perchè questo è il limite che ci siamo dati, perchè non ci si può fossilizzare in un settore come questo che è in continua evoluzione”.
E continua, Pagliara, elencando i successi ottenuti negli ultimi anni: “Abbiamo adeguato i rimborsi spese, migliorandoli, dato che erano fermi dal 2007. Abbiamo fatto una piccola manovra finanziaria, ora proveremo a migliorare anche i tempi di corresponsione. Abbiamo migliorato il sito e creato una casistica 2.0 che sarà in continuo aggiornamento.” E, prima di chiudere, richiama addirittura le parole di Madre Teresa di Calcutta: “Ciò che conta non é fare molto, ma mettere molto amore in ciò che si fa”.