Caro Fabio,
hai appena 26 anni, ma non importa.
Sei un esordiente, alla tua prima esperienza nella corsa più importante e difficile al mondo, ma non importa.
Hai già vinto una Vuelta e sei salito per ben due volte sul podio finale del Giro, ma anche questo non importa.
Annusi che la pressione sta diventando tanta, troppa, quasi soffocante, certamente ingiustificata, e allora predichi calma: “Ragazzi… è il mio primo Tour, dovrò capire e imparare, magari avrò anche bisogno di sbagliare, servirà tempo.”
Ma anche questo non interessa a nessuno.
Sei Fabio Aru, capitano Astana, uno dei giovani più promettenti del panorama mondiale, e allora non puoi capire, neanche imparare, figurati sbagliare.
Non ne hai tempo, non te ne danno, di tempo.
Devi solo vincere.
Sempre, comunque, ovunque.
Soprattutto se, in giro per il mondo, sei un portacolori dell’Italia.
Per l’italiano medio è così.
Devi andare e vincere, subito, altrimenti è fallimento, delusione.
Nessuna alternativa.
Comunque al Tour ci vai, con umiltà e rispetto, cuore ed orgoglio.
E corri anche un buon Tour, un grande Tour.
Oddio, ho detto ‘grande’, gli italiani impallidiranno.
Stai lì, attento, sul pezzo, e non molli mai.
Perchè quella di non mollare mai è la tua caratteristica principale.
Nelle ultime tappe ci provi e attacchi, esci dal gruppo e ci credi, fino a farci sognare un’impresa.
Perché lo sai che l’importante è dare il massimo, dare tutto, e lo fai.
Poi non guadagni, anzi perdi qualcosa, ma ci mancherebbe altro.
E questo, davvero, non importa.
Sei lì a poco più di un minuto dal podio ed il sogno è ancora vivo.
Fino alla penultima, maledetta tappa di Morzine.
Qualcosa non va, le gambe non girano, forse una crisi di fame, probabilmente, e semplicemente, una giornata no.
Fatichi e rallenti, soffri e barcolli, dondoli e arranchi.
È un calvario, una pena, un inferno.
Perdi metri, secondi, minuti, e diverse posizioni in classifica.
Sei lì, debole e indifeso, fragile, sofferente.
E qui ci regali qualcosa di grande.
È il brutto, ma anche il bello, sadicamente bello, del ciclismo.
È davvero incredibilmente bello vedere anche le crisi vere, dure, quelle in cui proprio non vai, in cui patisci e sembri sul punto di scendere di sella e salire in ammiraglia.
Sono quelle crisi in cui stringi i denti e non molli, tieni duro e commuovi.
Crisi vere, umane, che sentiamo anche nostre, da vivere e condividere.
Crisi che contano, che insegnano, più importanti di una vittoria.
Alla fine tagli la linea del traguardo ed il ritardo è impietoso… 17 minuti dal primo.
Esci persino dai primi dieci in classifica.
Ma che importa.
Hai corso e sbagliato, reagito ed imparato.
In un certo senso hai pure vinto.
Ci saranno altri Giri, ci saranno altri Tour e ci sarà tanto, molto altro.
C’è tempo, e modo, per vincere davvero (ancora!) e divertirsi, sognare e scrivere imprese.
Ajò, Fabio!
[banner]G-andrea[/banner]