L’inverno alle porte. Le foglie, ormai, sparpagliate per terra. Tempo di cambiamenti. In natura, ma anche nel ciclismo. Tempo di pensare al domani, con un occhio rivolto ai mesi passati e le orecchie tese, pronte a captare qualunque segnale relativo a quelli futuri.
Novembre è il periodo della nebbia e del freddo, che si fa largo a spallate tra una pioggia e l’altra. Nel mondo delle due ruote è ancora periodo di ciclomercato e di corridori che definiscono il proprio immediato destino professionale, restando lì dove sono, partendo o, magari, fermandosi. Districandosi, sicuramente, tra certezze e attese.
La certezza, per Franco Pellizotti, è quella di avere ancora la voglia di gareggiare. L’attesa, è dettata dal dover aspettare ancora un po’ per conoscere quale direzione, a gennaio, imboccherà la sua carriera.
Trentotto anni, gambe e testa di un ragazzino, il veneto classe 1978 dal 2012 ha vestito i colori della Androni, ma nel 2017 sulle spalle potrebbe portare una livrea di un colore differente: “Al momento sono in stand-by. Sto aspettando e ancora non mi voglio esporre. In ballo c’è più di qualcosa, ma non posso esprimermi. Un po’ anche per scaramanzia. Ma, in teoria, l’anno prossimo dovrei ancora correre.” Misurato. Sorridente. Ottimista.
Nelle indiscrezioni della prima ora, il suo nome era stato accostato anche al neonato team Bahrain Merida di Vincenzo Nibali. “Sono girate tante voci,” spiega.“Io ho parlato anche con Gianni – Savio, Team Manager dell’Androni, ndr – ma non ho ancora deciso niente. Adesso mi sto allenando, mi sto preparando, però non me la sento di dire nulla. Ci sono già rimasto male una volta, per il discorso dell’Astana, pensando che tutto fosse fatto e, invece, non è stato così. Quindi preferisco aspettare e vedere.”
ANDRONI E LA TERZA VIA – Nel novero delle possibilità non parrebbe, dunque, essere archiviata completamente la chance della sesta stagione con la formazione di Gianni Savio. “Con Gianni ci siamo sentiti. Mi ha detto ‘vedi cosa fare, qua le porte son sempre aperte’. Mi ha chiesto anche Pino Buda. Con Pino, Gianni e Mario – Androni, ndr – siamo sempre andati d’accordo. Siamo sempre stati in buonissimi rapporti. Poi ho ricevuto anche un’altra richiesta al di fuori del ciclismo pedalato e poteva essere una bella opportunità, che mi avrebbe permesso di trasmettere quello che ho imparato in questi anni. Però ora voglio aspettare, per vedere di correre ancora.”
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BILANCIO – In attesa di conoscere – e di svelare – il proprio futuro, il Delfino di Bibione ripercorre il 2016. Una “annata particolare, ad esempio perché con la squadra non abbiamo fatto il Giro d’Italia, che era nei mei programmi. Saltata questa possibilità, mi sono concentrato sulla Tirreno-Adriatico, che ho concluso in un buono stato di forma. Purtroppo, però, sono caduto alla Coppi e Bartali e, dopo dieci giorni di stop, ho dovuto ricominciare da zero. Il finale di stagione l’ho preparato al meglio. Non ho raccolto quello che avrei voluto, in termini di risultati, ma ho dimostrato di pedalare ancora bene. Ed era quello che volevo. Diciamo che è stato un 2016 di alti e bassi, però è anche vero che quello che mi ero prefissato era di essere il più possibile d’aiuto alla squadra e credo di esserci riuscito, supportando il mio compagno Gavazzi sia in Portogallo che in Italia. Ho messo da parte le mie ambizioni per aiutare gli altri ed è quello che ora vorrei continuare a fare. Credo sia più gratificante che fare un piazzamento nei dieci. Lottare per vincere è molto difficile. Non ho più 30 anni…ci sono tanti giovani e tanti corridori che vanno più forte, ma mettendomi a disposizione dei miei compagni posso essere comunque protagonista, posso divertirmi e ottenere buoni risultati.”
SAGGEZZA – Gianni Savio l’ha definito “il Capitano. Autorevole, ma mai autoritario”, per usare l’espressione del Team Manager torinese. Il pensiero comune dei compagni può essere sintetizzato in una frase: “quando un campione come Pellizotti lavora per te, non puoi sbagliare. Devi ripagarlo con un risultato.” In ogni gara, sempre lì davanti. Pronto a guidare i colleghi e a pilotare il proprio uomo verso il traguardo. Prodigo di consigli e generoso nel proprio lavoro, nonostante un palmares che farebbe invidia a molti. Soddisfatto nel vedere altri esultare grazie a lui. “Arrivarci è una questione mentale. Devi capire quando non riesci più a ottenere i risultati che ottenevi prima. Io dico sempre che è una ruota che gira. Arriva il momento in cui capisci di non essere più competitivo per vincere. Poi, se va via la fuga e sei lì a giocartela sono il primo a non tirarmi indietro, ma partire tutte le corse con l’assillo di dover far bene o vincere iniziava a diventare troppo pesante. Ho capito questa cosa e ho cercato di mettermi a disposizione, di fare qualcosa per gli altri. Ho corso tanto per cercare di vincere. Capisco la corsa, so come si possono mettere le cose e questo mi aiuta a fare quello che devo fare.”
OBIETTIVI – Se il cuore ci crede e i muscoli girano a dovere, c’è ancora tempo per meditare di appendere la bici al chiodo. L’occhiataccia arrivata in risposta alla domanda fatta in luglio sulla volontà di continuare o meno a pedalare in gruppo nella nuova stagione l’aveva già detta lunga su come si sarebbero messe le cose. “Se dovessi correre ancora…per quanto riguarda gli obiettivi, bisognerà vedere con che squadra andrò poi, in base a quello, vedremo cosa si farà. Sicuramente portare il mio bagaglio d’esperienza per aiutare i giovani e i capitani che avrò. In Androni l’anno prossimo ci saranno tantissimi giovani e l’obiettivo potrebbe essere quello di poter essere d’aiuto a giovani così e poter trasmettere loro tutto quello che ho imparato. A loro, o a chi per loro.”