Il doping sbarca anche nel mondo delle fixed. Quello che vuole essere il paradiso dell’amicizia e della sfida all’insegna della sportività viene macchiato dalla positività all’EPO riscontrata al colombiano Mario Paz Duque nella prova del Red Hook Criterium corsa a Milano il primo ottobre scorso.
IL CASO PAZ – I controlli nella competizione sono stati interamente gestiti dall’organizzazione dell’evento che si è rivolta ad una agenzia antidoping indipendente ed ufficiale e ha affidato i test ad un Laboratorio accreditato dalla WADA.
Paz Duque che ha concluso in 38^ posizione la prova di Milano è stato puntualmente squalificato ma, soprattutto, non potrà mai più partecipare a nessun evento Red Hook.
Nel comunicato ufficiale degli organizzatori si legge: “Come RHC abbiamo voluto sviluppare un nostro sistema antidoping. Continueremo a fare i controlli e, andando avanti, tutti gli atleti saranno soggetti anche a dei test fuori competizione. Abbiamo condiviso questi risultati con le principali organizzazioni nazionali anti-doping e abbiamo chiesto a tutti gli organizzatori delle gare fixed di rispettare le sanzioni da noi imposte. RHC è fondato su dei principi di pura e sana competizione e siamo determinati a tenere pulito questo sport”.
PUNIZIONE ESEMPLARE – Nella loro semplice pragmaticità, gli organizzatori del Red Hook Criterium hanno risolto alla base il problema doping. Non ci è voluto molto. Anni, anzi, decenni di discussioni che hanno coinvolto UCI, WADA, CIO, federazioni nazionali, associazioni corridori e grandi organizzatori azzerati con una decisione semplice e chiara: chi sbaglia è fuori. Nessuna possibilità di appello, nessuna seconda vita.
“Questo è un mondo pulito, chi viene pizzicato è fuori e non potrà più correre qui”. Serve aggiungere qualcos’altro?