Si sta correndo la prova degli allievi. Il cielo è terso, c’è un caldo inusuale per essere il 27 novembre. Il sole splende e riflette sull’acqua del lago artificiale l’immagine degli atleti impegnati in gara, mentre stentano a fatica a rimanere in piedi nel fango.
Un fango molliccio scivoloso caldo spumoso. Sul palco lo speaker gracchia al microfono le posizioni dei giovani atleti che si stanno contendendo la vittoria del
ciclocross di Brugherio. Sul palco sale trafelata una persona e chiede di fare un annuncio. Sbianca lo speaker e si capisce dal tono di voce che non sono notizie da rendere pubblico a cuor leggero. “Attenzione attenzione. In cima alla salita ci sono due furgoni aperti. Non ci sono più le biciclette. Sono targati…XXXXX. I possessori sono invitati a recarsi ai mezzi. Forse hanno rubato le bici”. Silenzio generale, stupore, qualche fischio e un “bastaaaa”.
Alla mattina ci eravamo addentrati tra camper, auto e furgoni nel parcheggio allestito per l’occasione della gara internazionale. Ci ferma il padre di un corridore ciclocrossista blasonato. “Oggi si andrà piano. Ieri sera siamo arrivati all’hotel dove alloggiavamo. Il tempo di portare nella hall i bagagli, spostare il furgone. Questione di due minuti. Suona l’allarme. Furgone svuotato e rubato bici per ventimila euro. Per correre oggi ce ne presteranno un paio”.
Quello del furto delle bici è una piaga sociale. Finché vengono rubate dalle rastrelliere delle stazioni, lasciate li in un certo senso incustodite, è a proprio rischio e
pericolo, magari chiuse con una catena alla bellemeglio. Ma rubate così, dai furgoni è come portare via un pezzo di cuore. E purtroppo sono fatti che accadono sempre più numerosi alle corse. Al ciclocross i mezzi rimangono in parcheggio un giorno intero, spesso incustoditi perché i team annoverano corridori di più categorie e quindi più gare. L’assistenza si fa nei box e i furgoni rimangono spesso in balia di sconosciuti, nonostante i parcheggi chiusi o le aree transennate. Nelle gare su strada di solito i furti avvengono di notte fuori dagli alberghi. I furgoni vengono lasciati all’interno del parcheggio e con le bici chiuse dentro perché molto spesso non è permesso portarle nelle camere. Oppure quando vengono messe nei garage, è accaduto in più di una occasione che i garage stessi vengono aperti lasciando mano libera ai ladri.
Furti sono accaduti nei ritiri dei team, da quelli wordl tour, al piccolo garage della squadra di paese. E sono sempre e comunque danni, in proporzione a quanto spende una società. Si ruba tantissimo anche fuori al parcheggio del velodromo Montichiari. Forse li servirebbero davvero luci e allarmi o segnalatori acustici. I furgoni vengono aperti e letteralmente razziati. Negli anni si è studiato di tutto per arginare il problema dei furti delle biciclette. Allarmi, telecamere. Sistemi tecnologici sempre più avanzati sulle bici stesse. Ora tutti le biciclette sono dotate di microchip all’interno o di sistema satellitare di riconoscimento. Sistema che però, nel momento in cui le “due ruote” vengono rubate, se sono caricate su un camion schermato e portate all’estero, diventano irrintracciabili.
Tante appunto sono le idee e le soluzioni che si potrebbero mettere in pratica. Dal riconoscimento vocale dal cellulare alla bici, da inserire ad esempio sul movimento centrale, in modo che individui la voce del proprietario e senza quella rimanga bloccata, al creare dei telai che si dividono, come un puzzle,
con tanto di tubo piantone posteriore da estrarre e portare con se privando così la bici di un pezzo. E renderla momentaneamente inutilizzabile. O addirittura, qualcosa alla Matrix, come nei film di fantascienza, un riconoscimento o un regolatore dell’iride da collegare al manubrio e solo dopo l’incrocio dei dati la bici possa funzionare e non rimanere bloccata.
Ma, intanto, una indicazione. Su Strava non mettete mai il punto di partenza e arrivo del vostro allenamento in modo periodico. Perché non ci sono solo ladri di biciclette ma anche ladri informatici…
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