“Non ho deciso io di candidarmi ma la mia è stata una risposta alle continue richieste che ho ricevuto negli ultimi anni da tante persone e in particolare da un compagno di corso che avevo incontrato 10 anni fa alla Scuola di Sport del Coni”. Si presenta così Norma Gimondi, stesso sorriso di papà Felice, stesso approccio sereno al mondo delle due ruote che si sposano perfettamente con la sua essenza femminile. “Sono in tanti gli scontenti di questa federazione. Ci ho messo due mesi per decidere, poi mi sono buttata in questa avventura e adesso la corsa è lanciata… ho una bella squadra, determinata, competente.”
I problemi non mancano per il ciclismo italiano e non basta una “Norma” per risolverli tutti. La Gimondi, che potrebbe essere la prima presidentessa della storia della FCI, ne è consapevole: “Ho stima per il lavoro svolto da Di Rocco in questi anni ma non si può negare che è arrivato il momento di cambiare passo. Questo è un momento di crisi profonda. Non abbiamo più squadre professionistiche World Tour, il numero dei professionisti italiani si è dimezzato. E non si può dire che manchino gli atleti di qualità se corridori come Malacarne, Vanotti o Bandiera non riescono a trovare un contratto. Questi dati dovevano far riflettere e invece si è proseguito con la solita politica. Adesso trovare la soluzione non è facile ma è certo che la crisi doveva essere affrontata con maggior intraprendenza. Altre nazioni sono state più brave a tutelarsi e sono ripartite con maggior forza: penso a Francia, Spagna e Olanda su tutte”.
Crisi. Economica e non solo. Una croce per le società italiane, un vero e proprio alibi per chi non ha idee da realizzare: “Io non sono fatta per andare in Federazione e rimanere seduta. Non vedo una Gimondi seduta là a non far niente. Se riceverò il mandato dall’Assemblea ci andrò con lo stesso spirito con cui mio padre affrontava ogni sfida, non certo come una rappresentante passiva…”
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Ecco, a proposito di Felice Gimondi: lui è stato tra i fondatori della Lega Ciclismo, una istituzione che oggi più che mai necessita di ripensare al proprio ruolo: “Oggi come oggi, non avendo nemmeno un Team World Tour e avendo un calendario sempre più magro è quasi superflua. Sarà necessario fare delle approfondite valutazioni in merito. Abbiamo la fortuna di avere un imprenditore come Cairo che ha deciso di investire su RCS Sport: la Federazione deve cogliere questa occasione, presentandosi in maniera professionale e propositiva. Dobbiamo scuoterci dal torpore, i soldi ci sono ma bisogna andarseli a prendere, il mondo è ogni giorno più competitivo e anche la Federazione deve iniziare a ragionare come una azienda e non più solo come una istituzione burocratica”.
Tante le cose da cambiare in una FCI che ha rallentato il passo, da dove partirà Norma Gimondi?
“Sono un avvocato, ma la mia non è semplice deformazione professionale: credo che vadano riscritte le regole del ciclismo italiano, a partire dallo Statuto che deve prevedere una maggior rappresentanza della base che consenta di svolgere in maniera più efficace l’attività su tutto il territorio nazionale. Quanti talenti stiamo perdendo in Italia perché non arriviamo a promuovere il ciclismo in tutte le regioni?”
Il parallelismo con papà Felice è continuo ed inevitabile: lui si doveva scontrare sulla strada con il “Cannibale” Eddy Merckx ma, nonostante questo non si è mai dato per vinto. Com’è lottare con il “Cannibale” Renato Di Rocco da 12 anni alla guida del ciclismo italiano?
“Credo di potercela fare. Se così non fosse non avrei accettato di candidarmi. Mi sento fortunata perché sulla strada si sono unite tante persone capaci. A darmi coraggio, poi, sono proprio quegli appassionati che svolgono quotidianamente attività ciclistica e che continuo ad incontrare nei dibattiti pubblici: loro mi stringono la mano, mi dicono di andare avanti e mi testimoniano quanto bisogno ci sia di dar corso ad un rinnovamento vero della Federazione”.
Una Federazione che, secondo Norma Gimondi, dovrebbe essere “Più aperta e maggior rappresentativa dell’intero movimento. Persino nelle scelte dei tecnici della nazionale: personalmente apprezzo il lavoro svolto da Davide Cassani, conosco direttamente Marco Villa e posso dire di averlo apprezzato sia come corridore sia come dirigente. A decidere, però, sarà il Consiglio Federale che immagino come un organo finalmente partecipato e attivo”.
Partita da sfidante, la candidatura di Norma Gimondi ha acquisito maggior forza con il passare dei giorni. Ora pare davvero autorevole e insidiosa per il Presidente uscente: “Mi auguro che sabato prossimo i delegati decidano di voltare pagina da subito. Per il bene del nostro ciclismo, non ci possiamo permettere di perdere altro tempo” chiude con questa speranza Norma Gimondi, e con il sorriso sulle labbra, quello che non ha mai abbandonato, nemmeno nelle occasioni più difficili, papà Felice.
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