“Chi ha paura sta a casa. Meno signorine e più modo di correre spartano”. Va giù con l’accetta Olivano Locatelli, voce contro il coro dei diesse che non ne possono più degli sterrati. “La colpa è dei direttori sportivi incapaci che si presentano al via e non hanno la percezione di come si affrontano le gare su strada con tanto di sterrato. Non sanno con che ruote si corre, con che coperture si sale sul tratto di campagna, con che tipo di rapporti. La gran parte hanno una cultura solo rivolta alla strada. Ma il ciclismo è cambiato. Bisogna essere polivalenti, saper guidare la bicicletta su qualunque tipo di tracciato e in qualunque condizione”.
Alla domanda, ma gli sterrati vanno bene per gli esordienti e gli allievi e anche gli junior, la risposta è scontata.
“Certo. Se vogliamo continuare a prendere schiaffi all’estero continuiamo su questa strada. Solo asfalto. Invece bisogna avere una mente elastica, comprendere cosa piace alla gente e cosa piace all’atleta. I miei corridori si sono letteralmente gasati anche nell’ultima gara con tratti di sterrato in Toscana e che abbiamo vinto con il campione europeo Alexandr Riabushenko. Io sono andato a visionare i terreni di gara, mi sono informato, ho guardato buche e condizioni della strada. Non sono rimasto al bar. Ho controllato dove si rischiavano le forature e li ho piazzato i miei assistenti con ruote di scorta e bici di scorta. Mica mi sono presentato al via con corridori che avevano come le belle signorine l’ultimo materiale di grido. Ruote in carbonio, profilo alto e tubolari. Le gare sullo sterrato si affrontano con le ruote in alluminio da allenamento e i copertoni. E i bambini devono imparare fin da piccoli ad andare su tutti i percorsi. E non avere paura. Si spendono soldi per ruote e molto altro che si rompono? Bisogna capire con quale materiale affrontare certi terreni”.
Per il fuoristrada esiste il ciclocross, il gravel, l’enduro, la mtb. Al momento quello dei dilettanti italiani si chiama ciclismo su strada.
“Io ho avuto Aru. Ha vinto il valli Cuneesi in un pezzo di sterrato, un tratto di strada dove era da poco caduta una frana. Non ha avuto paura, ci si è buttato in mezzo. Arrivava dalla mtb e dal ciclocross. Il suo avversario si è intimorito e non ha avuto lo stesso coraggio”.
Appunto, fuoristrada…
”Sono i direttori sportivi che hanno paura e trasmettono queste loro paure ai loro atleti. Mi spieghino perché d’inverno nessuno corre nel fuoristrada alternando l’attività, o gira in pista. I miei corridori sono pronti ad affrontare tutto. In qualunque condizione. Mentre adesso si va a sindacare su tutto. E perché piove, e perché c’è il sole, e se c’è la neve o se ci sono curve o non ci sono. Perché all’estero i bambini di pochi anni fanno già l’americana in pista? Quella non è pericolosa? E poi ci danno le pettinate sul parquet pista. E noi alla fine ci ritroviamo solo con Viviani. Ho fatto l’esperienza della EuropCup dietro derny su strada con alcuni miei corridori, in Francia il primo maggio. Una esperienza incredibile, con migliaia di percorse lungo il percorso, ma si correva su strada e con il bagnato. Anche quelle erano situazioni di pericolo, come andare in moto, in macchina o ubriacarsi. Perché, scusate, i circuiti con tante curve a gomito da due chilometri l’uno da ripetere 50 volte non sono rischiosi? Non cadono lì? Non si fanno male? Ogni squadra poi fa le proprie scelte. Io ho scelto di non avere il velocista under23 per fare le volate e di prediligere certi tracciati piuttosto di volate che ritengono rischiose. Gli sterrati li abbiamo sempre fatti. Anche al Valle d’Aosta. Parliamo tanto di Sagan e Stybar, dominatori in gare come la Roubaix o il Fiandre e i campioni del Nord Europa che fanno la mutidisciplina. Ma forse ci dimentichiamo che qualcuno, corridori come Aru e Rosa, che arrivavano dal cross e dalla mtb, non li voleva nessuno. Così come Riabushenko. Negli ultimi due inverni, in Bielorussia, ha fatto soltanto ciclocross e pista. E sugli sterrati non ha avuto paura. Dobbiamo ringraziare gli organizzatori che pensano anche allo spettacolo. E vogliamo parlare delle notturne? Non sono pericolose. Ricordiamo la caduta di Zurlo qualche anno fa. Per poco non ci rimetteva seriamente la carriera. Tutto è pericoloso e il suo esatto contrario. Dipende da come lo si affronta. Dalla forma mentis che vogliano dare alle cose. Tutti i grandi campioni, da Coppi a Bartali, a Binda e Bottecchia hanno sempre corso sugli sterrati. E non si sono mai lamentati. Certo, Stelvio e Pordoi non erano asfaltati. Ma quelle imprese le ricordiamo ancora con grande emozione. Chi si lamenta oggi sono i direttori sportivi e non i corridori. Che hanno voglia di qualcosa di nuovo e di diverso”.
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