Meno quattro giorni al via. E poi scatta, dopo cinque anni di attesa, il Giro d’Italia under23. A dire il vero riparte con sole tre regioni, Emilia Romagna, ;arche e Abruzzo, quindi più che d’Italia si potrebbe chiamare Giro delle Tre regioni, ma l’importante è partire. Un giro che correrà lungo la dorsale appenninica e successivamente Adriatica. Una corsa a tappe che serve per rilanciare il ciclismo dei dilettanti e far ripartire il nostro movimento. Anche se il lotto dei partenti è davvero agguerrito.
La lista inizia con la nazionale colombiana che, da quanto riferito, arriva qui non per fare di certo da comparsa, in un ciclismo che parla sempre più la lingua degli apolidi e sempre meno degli europei o comunque degli italiani. E poi via via dalla Lotto Soudal belga alla Bmc, squadre organizzate come team professionistici, dei quali comunque fanno parte. Fari puntati sul ciclismo tricolore con grande attenzione a tutto ciò che si muove nella nostra Italbici. Scatta…dicevamo…e se scatta con il Giro scatteranno anche i controlli. Presumibilmente. Essendo gara a tappe internazionale, di sicuro sarà anche sotto i riflettori Uci. Alla ricerca di tutto ciò che è tecnologico.
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MOTORINI E NON SOLO – In primis i famosi motorini. Come si vocifera sempre nel mondo del ciclismo, che spesso e volentieri è fatto di chiacchiere e voci di corridoio, un po’ come nel Barbiere di Siviglia, dove la calunnia inizia come un venticello e alla fine si trasforma in un roboante colpo di cannone, ci potrebbe essere qualcuno allettato dal fare poca fatica. Pedalando in scioltezza, con un aiuto meccanico che assista la pedalata. Ecco, chissà che magari non arrivino i famosi controlli, serrati, alla ricerca dell’eventuale presenza di motorini all’interno delle bici. Un po’ di sospetto fra team e squadre serpeggia, anche se chi vince ha sempre ragione e chi perde ha sempre torto.
Un po’ come dice Zeman: “palla è gol quando entra in porta”. Doping tecnologico viene così definito, che ovviamente aiuta e non poco n elle prestazioni in bicicletta. Passare al motociclismo sarebbe più facile a questo punto. Perché non ha senso voler correre in bici, voler diventare campioni e farsi aiutare da una pedalata assistita. Pensionati anzitempo o nonne con le borse della spesa. Quindi, presumiamo, anzi è auspicabile, che arrivino i controlli a sorpresa per verificare strane presenze sulle bici, magari già dalla prima tappa.
COMUNICAZIONI VIETATE – Così come l’Uci ha deciso di impegnarsi ancora di più sul fronte della sicurezza. Pare infatti sia al vaglio di chi ha messo in primo piano la sicurezza in gara, eventuali misure sempre più stringenti su ciò che riguarda la presenza sul corpo di un corridore di microsistemi tecnologici, apparati in ricezione e trasmissione o riproduttori per ricevere info dall’ammiraglia. In più di qualche occasione si è notato che ammiraglie e corridori dialogano. Nascondendosi la bocca per non farsi intercettare con il labiale, con un sistema a impulsi, dei microchips attaccati sul corpo o nascosti all’interno dell’orecchio e camuffati nel casco, si notato strategie radio comandate che sinceramente non sembrano frutto dell’intelligenza tattica dell’atleta in corsa, cambi di biciclette “sane” in momenti topici di gara quando, per i non addetti ai lavori, non se ne ravvisa l’urgenza. Ammiraglie che arrivano al “sedere” dei corridori non appena i giudici chiamano, come se comunque già fossero informati delle esigenze del corridore. Insomma la tirata fingendo di passare la borraccia, o la sistemazione della scarpetta o del pedale sono escamotage relegati al ciclismo vintage. Insomma troppi sospetti, troppa puzza da bruciato in alcune gare, corridori troppo poco stanchi dopo l’arrivo. Troppe cose che hanno insospettito anche l’Uci che adesso vuole andare giù con il piede pesante. Come già successo lo scorso anno al mondiale di ciclocross, quando a “rimetterci”, pizzicata con il motorino dentro la bici fu una campionessa under23.
La lotta si scatena su due fronti. Il doping medico e quello tecnologico. Che purtroppo a volte vanno di pari passo. Ce la farà l’Uci?
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