Terza tappa del Giro d’Italia under23. E terza vittoria consecutiva di uno straniero. Che sia poi Riabushenko o Padun che corrono in squadre italiane, ma sempre stranieri sono.
“Speriamo che questo Giro serva a smuovere qualcosa nel nostro ciclismo – scuote la testa sconsolato Marino Amadori, commissario tecnico nazionale under23 -. Ma vedo gli stranieri un passo più avanti rispetto ai nostri. Più maturità, più professionalità per certi aspetti. Sanno interpretare la corsa e ragionano già come i professionisti. Ce la stiamo mettendo tutta per far risalire il nostro ciclismo tricolore. Le potenzialità ci sono, i corridori anche. Qualcuno può diventare da comparsa a primattore. Vero è che i nostri giovani hanno bisogno del confronto internazionale. Certo, vanno bene anche le gare regionali. Ma in un ciclismo globalizzato serve uno sforzo in più da parte dei nostri team e dei nostri corridori. O si resta fermi al palo e si finisce a far solo i gregari”.
Per Davide Cassani, ideatore del Giro U23, che parla da uomo federale, il bilancio al momento è più che positivo. “Le squadre sono contente, i vincitori all’altezza. Lo sapevamo che in un Giro d’Italia come questo ne avremmo prese. Ma è un confronto importante, dove comunque gli italiani solo li, davanti, nelle prime posizioni. Non sono scomparsi, si stanno comportando bene. Gli avversari – continua Cassani – sono tra i migliori al mondo. Ci stiamo difendendo. Il confronto è comunque necessario. Almeno guardando i più forti ti rendi conto a che punto sei. E, dal momento che è necessario guardare avanti, per i corridori è un bel banco di prova. Le scelte delle squadre italiane? La scelta è stata meritocratica. Non c’era alternativa. Qualche squadra sta soffrendo certo. L’importante però era partire, rimettere in moto la gara, la macchina organizzativa del Giro dei dilettanti che in tanti decenni ha regalato poi campioni alla categoria superiore. Da uomo di federazione mi sono sentito in dovere di fare qualcosa per far ripartire una importante corsa a tappe in Italia. 16 squadre in italia. Sono praticamente le migliori. Vero, mancano i mancano i primi anni italiani non quelli stranieri. I nostri ragazzi al primo anno della categoria hanno la scuola. Il Giro d’Italia è vero, non può essere limitato a tre regioni. Mi piacerebbe andare in altri posti il prossimo anno. Non abbiamo le potenzialità di un Giro d’Italia dei professionisti però aspettiamo proposte e iniziative. E’ un progetto in cui tutti si devono sentire coinvolti. Può rialzare il livello del ciclismo dilettantistico, per i team c’è ottima visibilità e in un calendario ci deve essere una corsa importante di riferimento. Obiettivo per il 2018 è quello di fare un giorno o due giorni in più e andare in altre regione”.
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