Perchè il futuro sia roseo. Perché il ciclismo non muoia, soprattutto quello giovanile. E perché è necessario diventare professionali in un mondo globalizzato. Dopo la raccolta firme per tutelare i team e gli atleti italiani della categoria under23 alle corse regionali. La presa di posizione drastica di 25 team che si sono rifiutati di prendere parte al Trofeo Liberazione per carenza organizzativa, non dei team, questa volta i direttori sportivi dei dilettanti fanno sul serio.
Si sono incontrati in uno studio legale a Milano (al momento non possiamo dire il legale di riferimento) per chiarirsi le idee e dare vita ad una bozza di programma, di libera associazione, sullo stile di quella dei professionisti creando una sorta di “gruppo” organizzato come quello dei direttori sportivi dei dilettanti. Una Adispro in miniatura, tenendo presente che tanti direttori dei professionisti hanno militato in precedenza nel mondo dei dilettanti e molti diesse “pro”, ahimè, per mancanza di team o di convocazioni o di contratti si sono dovuti adattare a fare un passo indietro e tornare nel mondo anticamera dei pro. Un incontro molto costruttivo, come hanno affermato i diesse presenti all’incontro.
A Milano ovviamente non erano tutti i rappresentanti dei team bensì un gruppo scelto proprio dai tempi a rappresentarli. Sul piatto tante idee e proposte a partire da un primo incontro il prossimo 10 giugno a Bergamo in occasione della tappa del Giro d’Italia Under23 con chi a Milano non poteva esserci. Una bozza di statuto, una sorta di rete di protezione per i direttori sportivi ma anche per gli atleti. Un incontro con gli organizzatori delle maggiori corse nazionali e internazionali e pure regionali in Italia, e un inserimento all’interno dell’associazione oltre che di un rappresentante degli organizzatori anche di un corridore. Insomma cresce il movimento dei direttori sportivi. E le prese di posizione , a propria tutela stavolta, non erano dei fuochi di paglia.
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