A Samuele Rubino il Veneto porta fortuna e alla Lombardia pure. Avevamo imparato a conoscere il piccolo scalatore del team LVF lo scorso anno con la vittoria a San Vendemiano.Lo ha conosciuto per bene il popolo veneto, corridori, tecnici, pubblico e non solo venetii, al campionato italiano di Loria. Di arena, quindi piemontese, ma da sempre portacolori della bergamasca LVF, con il tricolore ha messo in saccoccia l’ottava vittoria stagionale, fino ad adesso. Era il corridore più temuto, quello favorito numero uno e ha mantenuto le aspettative, con grande gioia dei tecnici lombardi Fabio Perego e Marco Cannone.
“Una vittoria voluta, studiata cercata – racconta Samuele Rubino, in tutto e per tutto una pietra preziosa -. Questo percorso mi ha favorito assolutamente . Più la strada si fa dura e più vado forte. Ringrazio chi ha disegnato sul percorso. Il passaggio sulla Forcella Mostacin era perfetto per me. Da li ho preso il volo. Chi temevo? Certo Fancellu ma come lui anche tanti altri in gruppo. Ho avuto l’accortezza di anticipare i m dei avversari ai 700 metri dal traguardo e ho tenuto duro. Li ho staccati e ho vinto”.
Oltre ad arrivare da solo ti sei concesso pure una piccola licenza poetica su due ruote sotto l’arrivo. Una piccola chican che ha fatto andare in delirio il pubblico.
“Sapevo di aver la vittoria in pugno e mi son rilassato. Indosso una maglia importantissima per me e per tutta la Lombardia. Cercherò di onorarla sino a fine stagione. Poi il salto di categoria. E la dovrò abbandonare. Ma intanto è mia. Una vittoria importante e un ringraziamento a tutti per come hanno saputo starmi vicino. Il merito va a tutto lo staff, Lombardia e team, famiglia, ragazza. E anche agli avversari che hanno saputo combattere con me”.
Il piccolo scalatore piemontese, un’esplosione di vene, muscoli, fatica e forza si è davvero meritato questo tricolore. Ha corso e vinto da corridore vero. Non per caso ma anche per calcolo sapendo dove e quando attaccare. Non così tanti altri corridori, specie la compagine veneta che doveva contrastare quella lombardia. A parità di numero di corridori forse il veneto ha peccato di presenza nella numerosa compagine di corridori di spessore.
Eccetto il ligure ma tesserato in Veneto, Samuele Manfredi. A lui va la medaglia della sfortuna. Tra i corridori più in forma, deve ancora superare gli esiti di un investimenti subito da una moto che gli ha procurato numerose ferite. Ma erra uno degli altri più importanti schierati dal tecnico veneto Luigi Trevellin.
Dopo pochi chilometri Samuele Manfredi rimane vittima di una caduta. Non sarebbe nulla di grave se non per la rottura di una tacchetta della scarpa. Praticamente impossibile pedalare per il guascone ligure che comunque lui il suo tricolore lo vuoi, comunque portare a termine. Si rincorrono telefonate frenetiche tra il team di appartenenza e i tecnici regionali alla ricerca della scarpetta di ricambio. Una sorta di favola della scarpetta di cristallo e di cenerentola.
Intanto Manfredi conintua a pedalare e purtroppo a perdere posizioni. La scarpetta si fa sempre più di vetro, si sventra si apre e diventa ingestibile. Ma una scarpetta di ricambio numero 45 non si trova in nessuna ammiraglia. La scarpa si apre sempre più, i chilometri si macinano, le posizioni si perdono ma Manfredi resiste eroicamente, da vero guascone. Termina con l’ultimo gruppo il suo tricolore. Stramazza terra stanco per la fatica, lo sforzo e quella maledetta tacchetta che gli ha sventrato la scarpa. Arriva persino l’ambulanza per soccorrerlo perché è disidratato e morto di fatica. Mentre Rubino festeggia sul palco la sua maglia tricolore anche a Manfredi va una maglia tricolore simbolica. Sono eroi tutti e due.
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