E alla fine è diventato l’uomo della sabbia. Dalle sabbie di Eilat e di Israele a quelle di Jesolo il clima è più o meno lo stesso. Cambia latitudine ma il vincente è sempre lui. Elia Viviani affronta l’ultimo sforzo, quello dell’Adriatica – Ionica Race, la nuova corsa a tappe messa in cantiere da Moreno Argentin. Si misura nella cronometro a squadre la Quik Step e risulta vincente . Non poteva essere diversamente. Tutte le prime posizioni sono occupate dalle squadre world tour. Elia Viviani taglia il traguardo stanco e sudato ma soddisfatto. La prima maglia azzurra di leader è la sua.
“Finalmente una corsa a tappe dietro la porta di casa – racconta il campione olimpico -. Cinque giorni impegnativi ma che di sicuro sono utili ai team soprattutto italiani. Al contrario di noi World Tour che giriamo il mondo. Il percorso mi piace davvero tanto, anche questo della cronometro. E l’arrivo in spiaggia ti fa venire voglia di correre e buttarti in acqua”.
Acqua che potrebbe tingersi di tricolore fra un pò di giorni?
“Si corro l’italiano ma non punto certamente,ente al podio. Troppo duro. Fosse stato il percorso della precedente edizione allora si. E già ero al limite delle mie possibilità. Ma ci hanno aggiunto una salita. Partecipo certamente perché è giusto che un italiano onori la corsa tricolore. Tutti lo dovrebbero fare. Ma quello di Darfo oggettivamente per me è un pò troppo duro. Comunque ci provo. Mi conoscete. Io do sempre tutto”.
Sorseggia una bibita fresca dopo il traguardo e lo incalziamo. Una corsa che ti serve per preparare il tricolore e poi il Tour? Ci guarda di sghimbescio.
“Eh no, li ci va Gaviria. Io così a luglio vado a Livigno, vacanza, riposo e allenamento per scendere più forte di prima”.
Più forte di prima per Elia Viviani significa pensare anche alla pista. Lo percepiamo subito.
“Avrò cosi’ il tempo di fare i programmi con Marco Villa per la pista. Dobbiamo ancora preparare un’ipotesi di programma, gare di Coppa del Mondo o altro. Il problema resta la pista. Se Montichiari ha problemi dove andiamo? In Spagna, all’estero? Spero che si decidano ad affrontare anche questo problema che non è da poco”.
Mentre parliamo con Elia Viviani , al suo fianco, soddisfatto della sua crono l’ex campione italiano under23 contro il tempo, Davide Martinelli. Sembra addirittura più alto, il bresciano figlio d’arte, fasciato nel body Quick Step. Borbotta, ma è una sua caratteristica. Ma stavolta ha ragione al cento per cento. Due corridori su sette sono italiani, alla Quick Step, e non sanno ancora dove faranno il campionato italiano professionisti a cronometro.
Crono che interessano certamente di più a Martinelli che a Viviani. E’ pazzesco che ancora non ci sia nessuno che si sia fatto avanti per organizzare il tricolore contro il tempo riservato ai professionisti.
“Ha dell’incredibile questa cosa – spinge Martinelli -. Io alle crono ci ho sempre creduto e ho sempre puntato. Parlano tanto di far crescere i corridori, di organizzare gare ma mi sembra che a crono in Italia ci sia ben poca roba. Nessuno le vuole fare, nessuno le vuole organizzare, in pochi ormai sanno prepararle, sia come corridori che come tecnici, le bici da crono nelle squadre non ci sono. All’estero invece la cultura è completamente diversa. Ora un giro lo puoi perdere o vincere anche a crono. Noi italiani siamo destinati a perderle sempre ormai. Quando avremo un altro campione a crono. Spero che qualcuno capisca il problema e si prenda a cuore la vicenda ma soprattutto se ne assuma le responsabilità e poi non critichi o si lamenti se non siam o più competitivi a crono”.
Ha ragione da vendere Martinelli. Il sasso l’abbiamo lanciato ed ora qualcuno lo raccolga. Anche in una crono del triveneto ad esempio, per allievi e juniores. Cacciateci dentro una decina di professionisti e assegnate il titolo. Perché siamo ormai un’Italia senza più tempo, a cronometro.
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