A pochi giorni dall’inizio dei Campionati del mondo su strada di Innsbruck, andiamo a scoprire le sensazioni di colui che potrebbe essere una delle pedine fondamentali della nostra nazionale under 23, vale a dire il giovane Alessandro Covi, classe 1998 di Borgomanero (NO), tifoso milanista, amante delle moto da cross, tesserato per il team Colpack e che dal 2020 approderà tra i professionisti con la maglia della formazione world tour UAE Emirates.
Sarai titolare ai prossimi Campionati del mondo di Innsbruck nella prova in linea su strada, hai visto il percorso e che idea ti sei fatto?
“Il percorso non sono riuscito a provarlo, però nel ritiro svolto a Sestriere lo abbiamo visionato al dettaglio tramite un video fornitoci da Fabrizio Tacchino – n.d.r componente dello staff tecnico della nazionale italiana di ciclismo – Non è assolutamente facile come percorso, anche se non affronteremo lo strappo finale dei professionisti”.
Pensi che avrai il ruolo di capitano della nazionale e che il tracciato sia adatto alle tue caratteristiche mettendo questo mondiale come obiettivo da raggiungere?
“No, non ci saranno capitani. Non abbiamo un uomo di punta dopo la rinuncia di Nicola Conci – n.d.r professionista con la Trek Segafredo – Questo percorso è duretto per le mie caratteristiche, ma se sarò in giornata anche su un percorso di questo tipo potrò dire la mia. L’obiettivo è di fare il possibile per me e per la nazionale”.
Oltre allo sloveno Tadej Pogacar, che sembra essere il pericolo numero uno visti i suoi ultimi successi, a quali altri avversari bisogna fare attenzione?
“Sicuramente Pogacar ha dimostrato al Tour de l’Avenir di essere un gradino al di sopra degli altri, ma attenzione anche agli svizzeri Hirschi e Mader, senza dimenticarci che correrà con noi anche il colombiano Ivan Sosa – n.d.r professionista con la Androni Giocattoli Sidermec -“.
Quali differenze hai trovato tra il Giro d’Italia u23, dove sei stato il migliore dei corridori italiani in classifica generale, e il Tour de l’Avenir, dove hai ottenuto una importante vittoria?
“Diciamo che la differenza più grande è stato il modo in cui ho affrontato le due corse. Al Giro ho sempre corso sulla difensiva pensando alla generale, mentre all’Avenir ho corso attaccando cercando di vincere una o più tappe, riuscendo a conquistare il successo nella tappa con arrivo a Cérilly, vittoria che mi è rimasta più a cuore”.
Qual’è l’aspetto più duro delle gare dei dilettanti?
“L’assenza di una logica di gara. Si corre all’attacco dall’inizio alla fine e sicuramente è questo il bello della categoria”.
Farai un altro anno da under23 con il team Colpack, poi ci sarà il grande salto nel mondo dei professionisti con il team world tour UAE Emirates, ti senti un corridore predestinato?
“Il team Colpack di Beppe Colleoni diventerà continental e mezzo piede nel professionismo lo metterò già dal prossimo anno. Poi nel 2020 il passaggio in UAE e credo di aver fatto la migliore scelta per il mio percorso di crescita. Si, mi sento abbastanza predestinato”.
Con la UAE avete già programmato il tuo percorso di crescita? Pensi di essere un corridore da grande giro in futuro?
“Con la UAE inizierò da questo inverno a fare ritiri, così avrò modo di adattarmi con più calma al mondo professionistico. Per adesso non penso di essere da grandi giri”.
Come ti comporti nelle prove a cronometro? Stai già affrontando allenamenti specifici per le prove contro il tempo?
“Le prove contro il tempo mi piacciono e me la cavo abbastanza bene; non sto facendo degli allenamenti specifici”.
Che cosa ti affascina di più del mondo professionistico?
“Mi entusiasma vedere tanto pubblico presente alle gare. Troppo bello vedere tutta quella gente che applaude lungo le strade.”
C’è qualcosa che ti dà insicurezza o preoccupazione di questo sport?
“No, altrimenti non lo avrei scelto.”
Come te lo immagini il futuro del ciclismo?
“Non sono ancora entrato nel vero ciclismo quindi non saprei cosa potrebbe cambiare anche se naturalmente tutto dipende dagli sponsor”.
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