E tre. I mondiali fotocopia. Dopo il belga Remko Evenepoel, vincitore solitario tra gli juniores e lo svizzero Marc Hirshi, anch’esso solitario al traguardo , da sola arriva anche l’olandese Anna Van Der Breggen. Segno che il mondiale più duro della storia dopo quello di Sallanches lascia sul campo tirolese morti e feriti.
Brucia ancora il sedicesimo posto di Samuele Battistella alla nazionale italiana under23. Le polemiche scoppiate dopo il traguardo della gara iridata di quelli che un tempo chiamavamo dilettanti e che ora sono professionisti veri e propri (ma divisi dalla categoria dei più grandi solo per età ) non accenna a diminuire. Del resto se si va a un mondiale con le pistole ad acqua quando gli altri girano con gli Hammer, questi sono i risultati. E assolutamente senza sminuire il valore degli atleti.
Fedeli è stato chiaro “All’ultimo giro mi si è spenta la luce”.
Battistella dichiara “Ci ho provato fino all’ultimo, forse ho speso troppo”.
Bagioli, corridore del primo anno “Ho dato il massimo e all’esordio nella categoria per la prima volta mi sono misurato con atleti che gareggiano tra i professionisti”.
Per mondiali simili e per costruire corridori vincenti bisogna partire da lontano. Se nella categoria donne elite dobbiamo ancora fare affidamento sulla trentaquattrenne Tatiana Guderzo, qualche domanda ce la dobbiamo porre. Tatiana Guderzo, vicentina, ha vinto un mondiale a Mendrisio ed è stata terza alle Olimpiadi di Pechino. Il resto nebbia.
Mondiali duri e nazionali da rifondare per certi aspetti. Ma non solo per carenze tattiche dei tecnici bensì tutto un sistema Italia da rivedere. In un ciclismo che si affaccia ad altri Paesi dove un tempo le biciclette nemmeno sapevano come erano fatte, anche il tricolore deve scendere dal piedistallo e ripetersi in gioco.
Il quattordicesimo posto della Longo Borghini certamente è un piazzamento di rilievo in un mondiale duro e la figura della lombarda è servita di appoggio alla Guderzo ma il ventesimo posto di Erica Magnaldi lascia un po’ sconcertati. Il commissario tecnico Edoardo Salvoldi si è dovuto rivolgere al mondo cicloamatoriale (perché da li esce la Magnaldi) per tentare di contrastare un ciclismo che all’estero va a doppia velocità del nostro. Il commissario tecnico degli under23, Marino Amadori dichiara per l’ennesima volta: “In questo mondiale come in quelli degli ultimi anni, quelli che un tempo erano dilettanti ora corrono i grandi giri a tappe o le classiche del Nord. O ci attrezziamo anche in Italia per far corse all’estero o così non possiamo fare il salto di qualità”.
E affrontare la concorrenza o rimarremo sempre a Poggio alla Cavalla, aggiungiamo noi, per citare una corsa tanto cara al cittì azzurro. Certo che 156 km di una durezza pazzesca per le atlete elite, partite in 149, sono davvero tanti.
Si vuole fare un mondiale duro o fare spettacolo?. Al traguardo forse saranno arrivate al massimo una quarantina. Un gruppo delle atlete ormai staccate , ai 400 metri dal traguardo, in uno dei tanti giri della kermesse iridata, ha persino sbagliato strada, finendo in un budello riservato ai pullman dei team. E quando Fedeli dichiara: “Mi si è spenta la luce”, lo abbiamo visto proprio in diretta con le ragazze. La fatica ha annebbiato loro la lucidità. Poche ore e poi sarà sfida iridata anche per gli azzurri di Cassani. Con tante speranze rivolte soprattutto a San Vincenzo Nibali da Messina e a quel diavolaccio trentino di Gianni Moscon.
Dopo la defezione, peraltro attesa, di Fabio Aru, corridore che ormai è sceso di gradimento tra i tifosi, guarderemo un mondiale fatto e combattuto da altri. Ma non perdiamo le speranze. Quest’anno ricorre il centenario della Prima Guerra Mondiale e l’Italia batte’ l’Austria.
“I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”, il Bollettino firmato da Armando Diaz, 4 novembre 1918, decreta la vittoria tricolore sull’esercito austriaco. Chissà che la storia si ripeta domani…