E’ come l’Invincibile Armada, la flotta spagnola composta da 130 vascelli e 24 mila uomini, approntata dal re di Spagna Filippo II nel 1587 per contrastare la crescente potenza marittimo-commerciale dell’Inghilterra e per porre termine al conflitto (mai dichiarato) che ormai da due anni veniva combattuto con atti di pirateria da entrambe le parti.
Una Invincibile Armada comandata da El Embatido, Alejandro Valverde. Entra in sala conferenze con lo sguardo stupito di un bambino che ha tra le mani il giocattolo più desiderato.
Lo applaude seduto tra le prime file Oscar Freire. I due si abbracciano, si scambiano qualche battuta. Freire ha trovato il suo erede finalmente. “Come ultimo appuntamento sarò al Lombardia – racconta ancora con lo sguardo perso nel vuoto per questo sogno che si è concretizzato sul traguardo tirolese , il murciano -. Sono sereno, tranquillo, felice. La sera prima del mondiale, un mondiale duro come l’inferno della salita ho dormito senza problemi. Ho solo temuto nel finale, negli ultimi chilometri il rientro di Dumoulin. Un campione del mondo a cronometro. Ma in volata posso ancora essere competitivo. Che dire. E’ stato un mondiale perfetto. L’ho inseguito da anni, ho tentato di tutto pur di vincerlo, la Spagna lo meritava, io me lo meritavo. Ora mi godo questa maglia, a 38 anni”.
A 38 anni, come nel 1985, mondiali sul Montello. Joop Zoetelmeck batte Lemond e Argentin. A Innsbruck Alejandro Valverde batte Romain Bardet e Mike Woods. A 38 anni si è vecchi e si deve chiudere con la maglia iridata sulle spalle o è il momento per andare avanti e pensare a Tokyo 2020?
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