Lo sport torna in prima pagina. Non certo per le imprese agonistiche ma per la volontà del Governo giallo-verde di mettere mano alle modalità di finanziamento del CONI.
A seguire la riforma finanziaria del CONI è, in queste ore, Giancarlo Giorgetti, eminenza grigia della Lega, uomo di fiducia di Matteo Salvini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo sport.
E Giorgetti ha deciso di “picchiare duro” sul CONI, inteso come apparato. Per capire la portata delle modifiche proposte con la legge di bilancio da Giorgetti bisogna fare un passo indietro andando a rivedere come funziona dal punto di vista economico il sostegno dello stato in favore dello sport.
IL SISTEMA – Sino ad oggi lo Stato erogava una somma stabilita di anno in anno al CONI il quale, di propria iniziativa e secondo criteri propri, distribuiva i contributi alle singole federazioni. Nel 2017, ad esempio, lo stato italiano ha finanziato lo sport italiano affidando al CONI 407,4 milioni di euro a cui vanno aggiunti altri 11,3 milioni di euro come contributi straordinari per l’organizzazione altri eventi come la Ryder Cup e i mondiali di Volley maschile.
Dei contributi ricevuti dallo stato nel 2017 (418,7 milioni in tutto), il CONI ha distribuito alle varie federazioni sportive “solo” 243,6 milioni di euro.
LA RIFORMA – La riforma proposta da Giorgetti prevede che in futuro il contributo erogato dallo Stato abbia una quantificazione fissa: un minimo di 410 milioni o, se maggiore, il 32% delle entrate incassate dallo Stato nell’anno precedente. Ma a cambiare è soprattutto la gestione di questi soldi: nella visione leghista lo Stato affiderebbe 40 milioni di euro al CONI per funzionamento, attività istituzionali e copertura oneri per la preparazione olimpica e supporto alla delegazione italiana mentre la restante parte (vale a dire 370 milioni o più) lo consegnerebbe alla nuova “Sport e Salute Spa” che provvederebbe a distribuire 260 milioni (o più nel caso ve ne siano) alle diverse federazioni.
Ma ciò che più conta è che a nominare il CDA della “Sport e Salute SpA” sarebbe direttamente il Governo attraverso il Ministero dell’economia e l’eventuale Ministero dello Sport.
LA PROPAGANDA – Uno sport gestito direttamente dallo Stato. Una prospettiva che promette di indebolire la “casta del CONI” ma che, allo stesso tempo, consegna l’intero mondo sportivo alla politica. Un futuro nel quale i soldi erogati potrebbero dipendere non dal numero di medaglie conquistate alle Olimpiadi ma dal numero di elettori promessi o da acquisire.
Con il Governo che avrebbe la possibilità di decidere direttamente su quale disciplina investire sulla base del ritorno politico previsto. E proprio questo il punto della discordia che ha scatenato l’anatema di Giovanni Malagò: la sua gestione del CONI non è forse delle più trasparenti ma il presidente del CONI ne rivendica l’autonomia. “E’ una mossa di natura politica: svuotare il Coni dei proprio poteri può essere un boomerang” ha dichiarato a caldo Malagò.
Ben più possibilista Renato Di Rocco: “Dobbiamo ancora capire bene di cosa si tratta, siamo solo a livello di bozza. Conosco Giorgetti dal 2009 e devo dire che è una persona seria, con la quale mi sono sempre trovato in sintonia” ha commentato il presidente della FCI che dimostra di essere consapevole che il nuovo sistema, proprio in virtù delle alleanze politiche tracciate in ogni epoca dallo stesso Di Rocco con i Governi di ogni colore, potrebbe portare dei benefici diretti, in termini di maggiori contributi statali, al ciclismo italiano.
Ma anche lo stesso Di Rocco mette in guardia su quale potrebbe essere il freno alla “riforma Giorgetti”: “La Carta Olimpica non ammette ingerenze politiche nella gestione dei comitati nazionali, gli unici enti deputati a tracciare indirizzi e programmi sportivi nei vari Paesi”.
Una previsione, guarda caso, dettata dal CIO all’indomani della caduta dei regimi totalitari per evitare che lo sport potesse divenire nuovamente la bandiera della propaganda politica…
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