La pazienza e la tenacia alla fine hanno dato ragione a Simone Velasco. Il corridore della Neri Sottoli Selle Italia KTM che in questo avvio di stagione ha aperto qualche cassetto dei sogni andando a cogliere due importanti vittorie al Trofeo Laigueglia e nella terza tappa, con arrivo e partenza da Forlì, della Settimana Internazionale Coppi e Bartali, al termine del Giro di Sicilia e con molti sogni ancora da realizzare, ci racconta la sua esperienza dei primi anni da professionista e il suo punto di vista sullo stato del ciclismo moderno.
Qual’è stata la prima cosa a cui hai pensato dopo aver tagliato il traguardo a braccia alzate al Trofeo Laigueglia?
“Sinceramente non ho pensato, non riuscivo a realizzare cosa avessi fatto. Dopo qualche ora ho iniziato a concretizzare il pensiero della vittoria, dei periodi bui che se ne vanno, del sole che sorge di nuovo ed è pronto a splendere alto nel cielo”.
Cosa hai sofferto di più nei tuoi primi tre anni di professionismo e come hai vissuto questa parentesi della tua carriera poco felice?
“Già dallo scorso anno ero tornato su buoni livelli, lo dimostrano i risultati ottenuti da giugno in poi. Nei primi due anni a causa di una mononucleosi non sono riuscito ad esprimere ciò che avevo fatto vedere nelle categorie precedenti, ma ho comunque continuato a lavorare ed essere focalizzato sull’obiettivo sapendo che prima o poi il tunnel sarebbe finito”.
Si dice giustamente che un corridore giovane bisogna lasciarlo maturare, dargli del tempo, però dall’altra parte c’è uno sport, il ciclismo, che è sempre più alla ricerca di atleti giovanissimi, a volte sembra che l’età anagrafica precluda delle possibilità, la verità dove sta?
“A mio parere ognuno ha la sua storia. C’è chi fisicamente e mentalmente matura prima e chi dopo… non bisogna aver fretta, se si guarda uno storico e si conosce il corridore prima o poi salterà fuori, a patto che si metta in condizione di farlo. È questo ciò che manca nel ciclismo moderno, la pazienza. Di Sagan ne nasce uno su un milione (forse) e poi non è detto che se non messo in condizioni adeguate ad esprimersi salti fuori”.
Quando eri dilettante ti eri posto l’obiettivo di passare professionista il prima possibile?
“Da dilettante il mio primo obiettivo è stato quello di ben figurare nella categoria in cui militavo, il passaggio al professionismo è stata poi una conseguenza. Quando arrivi ad un certo livello sarebbe da incoscienti non salire il gradino, per quanto faticoso possa essere”.
Sulla base della tua esperienza, te la senti di dare qualche consiglio ai più giovani?
“Se dovessi dare un consiglio ai più giovani direi di viversi in serenità l’essenza dello sport, della competizione, delle amicizie e delle lezioni di vita che la nostra disciplina ci mette di fronte. Poi ci sarà tempo per fare i professionisti. Se si hanno le doti ed una super attitudine mentale la strada dirà la sua”.
Una tua personale considerazione sul crescente numero delle squadre continental…
“Sicuramente il mondo continental ha dei pro e dei contro. Lo trovo un’ottima palestra per chi viene dalle categorie giovanili, ma allo stesso tempo dovrebbe esser fatta chiarezza sulla gestione delle squadre. Di fatto son professionisti come noi, corrono con noi e fanno la nostra stessa fatica. Io proporrei un minimo salariale continental con assicurazione annessa e passaporto biologico”.
E sulla tendenza verso solo formazioni World Tour in futuro cosa ne pensi?
“Il World Tour è l’elite del ciclismo in cui tutti aspirano di militare. Penso che un “sistema calcio” non sarebbe affatto male anche nel ciclismo, però non mi sembra ci siano le condizioni per farlo… al momento il ciclismo professional è destinato a scomparire…”
Hai un bel spunto in volata, su quali tipi di salite invece ti esprimi al meglio?
“Sono sempre stato dotato di un buono spunto veloce anche se non mi ritengo un velocista. In salita mi difendo bene e tante volte attacco. Al momento non mi sento ancora all’altezza dei grandi in salite lunghe, però sui 10/15’ di salita posso dire la mia; in futuro vedremo come, dove e quanto possiamo migliorare”.
Dove puoi ancora arrivare?
“So di avere ancora buoni margini di miglioramento, ma non mi metto fretta, ho 23 anni compiuti a dicembre. Con calma, molta, cercherò di capire dove insistere e specializzarmi.”
I tuoi prossimi impegni?
“Ora disputerò la Freccia del Brabante per tornare successivamente alle corse in Italia con il Tour of the Alps e il Giro dell’Appennino. Chiuderò la mia prima parte di stagione con Francoforte”.
Parlando di sogni invece?
“Qualche cassetto dei sogni l’ho già aperto, soltanto che ho un armadio pieno e per aprirli tutti ce ne vuole di tempo!”