Il 2020 era iniziato nel migliore dei modi per Marco Benfatto: il cambio di casacca che lo ha visto passare dalla Androni Sidermec alla Bardiani CSF Faizané gli aveva portato bene. Subito un podio nella seconda tappa della Vuelta a San Juan seguito da una bella serie di piazzamenti. Poi è arrivato lo stop a causa del Coronavirus.
“In questo team mi sono trovato bene da subito. Ho più responsabilità, un calendario gare di primo piano e una squadra ben attrezzata per gli sprint. Avrei dovuto correre la Tirreno-Adriatico e il Giro di Turchia per preparare il Giro d’Italia” spiega Benfatto, alla sua sesta stagione tra i professionisti, rientrato a casa dopo l’annullamento dell’Istrian Spring Trophy. “Invece ne approfitto di questi giorni di pausa per riprendere in mano i libri e preparare i prossimi esami”.
Il 32enne di Sant’Eufemia di Borgoricco (Pd), infatti, dallo scorso anno è tornato sui banchi dell’Università: “Era da un po’ di anni che desideravo di riprendere gli studi e nel 2019 mi sono iscritto a Scienze Motorie in via telematica. Ho già affrontato alcuni esami ma negli ultimi mesi avevo un po’ trascurato i libri e da questa settimana ricomincerò preparando Fisiologia oltre ad approfondire il mio inglese. Lo studio della preparazione atletica mi è sempre piaciuto: il ciclismo stimola a conoscere se stessi, a trovare i propri limiti e a migliorarsi. Mi piacerebbe che il mio futuro, dopo la bicicletta, potesse essere ancora legato allo sport”.
Libri da alternare ad una preparazione atletica tutta da riscrivere: “Dopo qualche giorno di riposo tornerò ad allenarmi sui rulli e cercherò di inventarmi qualche esercizio di potenziamento da fare a casa, magari con i sacchi di cemento o materiale del genere. In questo periodo a casa bisognerà tornare per forza alla vecchia scuola” confida Benfatto.
Restare a casa dopo aver girato il mondo… ti mancherà non poter viaggiare per un pò?
“I primi anni è stato impegnativo ma poi mi sono abituato. Viaggiare per correre è sempre una bella opportunità perché apre la mente, permette di conoscere tante cose e di capire, alla fine, quanto bene si sta qui in Italia. In questi giorni mi mancherà il fatto di poter correre: ci sono gare molto belle in tutte le parti del mondo, soprattutto in Oriente, anche se per un professionista l’ambizione più grande è quella di vincere negli appuntamenti del calendario europeo”.
Cosa ti ha colpito di più in questi anni da globe-trotter?
“In Cina ho visto dei posti bellissimi. Sono rimasto impressionato dalla bellezza di Shangai. Poi a tavola è sempre una sorpresa e non sempre positiva: capita spesso di trovare le cose più improbabili da mangiare” racconta con il sorriso sulle labbra lo sprinter padovano con l’esperienza del veterano.
Cosa ne pensi dei colleghi:
Peter Sagan?
“Fortissimo, simpaticissimo, bravo a guidare la bicicletta anche se non è tra i più scaltri in volata”.
Fernando Gaviria?
“Furbo, si sa muovere in gruppo come pochi ma ha bisogno di avere sempre vicino un uomo di esperienza come Richeze, soprattutto giù dalla bicicletta…”
Elia Viviani?
“Un vero professionista. Ha raggiunto grandi obiettivi costruendoli anno dopo anno. Molto intelligente, quando si pone un obiettivo, raramente sbaglia”.
Sam Bennett?
“Il velocista puro più forte ed esplosivo che abbia mai incontrato”.
Mark Cavendish?
“Oggi è un atleta arrivato, però per qualsiasi velocista sarebbe un sogno ottenere le vittorie che ha centrato lui”.
Un consiglio per i giovani?
“Nel ciclismo di oggi anche i professionisti sono dei precari. In questo movimento non basta fare un bel risultato per assicurarsi una carriera come magari poteva accadere in passato; tanti ragazzi vengono sfruttati nelle categorie giovanili per ottenere risultati e quando arrivano tra i professionisti, dopo un paio di stagioni discrete, si ritrovano senza una squadra. L’ideale è crescere gradualmente, con calma, senza spremersi troppo: andare in bicicletta deve sempre essere un piacere”.