Si azzera tutto e si riparte. Dalle Olimpiadi della Grecia classica a quelle dell’Età Moderna di De Coubertain. Il 2021 sarà l’anno zero dello sport mondiale. Anche per il ciclismo. “Era nell’aria questo spostamento” racconta Renato Di Rocco, presidente della Fci, chiuso anch’egli nella sua casa romana. “Sicuramente una scelta dovuta innanzitutto per rispetto della salute degli atleti e di tutto il mondo sportivo. Certo non è stata una scelta facile per le miriadi di implicazioni che comporta una decisione di tale portata. Ma in questa maniera si garantisce anche una equità tecnica a tutti gli atleti in avvicinamento ai giochi olimpici”.
Il che significa che ripartono tutti sullo stesso piano?
“Il ciclismo rispetto a una buona percentuale di altre discipline olimpiche e federazioni partiva in vantaggio. Come FCI avevamo posto il 3 marzo la chiusura dei ranking federali e al 3 marzo avevamo gli atleti di pista e strada già qualificati. Per la strada avevamo già gli atleti di interesse olimpico inseriti nel ranking nazionale sia maschile che femminile. Per il maschile ad esempio avevamo già qualificato 5 atleti compresi i due cronomen, che fanno parte delle quote che vanno alle nazionali. Poi ad esempio il cittì Davide Cassani, dopo il Tour o le classiche e il Giro, avrebbe ristretto la sua rosa di atleti. Per la pista invece siamo stati davvero fortunati perché i mondiali di Berlino segnavano il discrimen tra le gare e le qualificazioni. Ma nelle prove iridate berlinesi già si percepiva qualcosa di quello che sarebbe poi accaduto” continua Di Rocco. “C’era una forte prevenzione igienica, distributori di igienizzanti dappertutto, dai ristoranti alle entrate e alle tribune. Per le altre discipline federali per le qualificazioni mancavano la Mtb, specialità per la quale si sarebbero dovuti disputare i mondiali in America entro fine maggio e che purtroppo sono stati annullati. Nella MTB abbiamo tre uomini e una donna, per la Bmx Race e Bmx Freestyle erano previste nel mese di maggio due gare di prima categoria e poi gli Europei a Verona a fine marzo”.
Nella Bmx non ci sono ancora atleti italiani di spicco a livello internazionale.
“E’ una disciplina da sviluppare e promuovere nel prossimo quadriennio”.
Presidente, a fine 2020 e inizio 2021 si sarebbe dovuto votare per il rinnovo delle cariche federali. Cosa accadrà?
“Lo statuto della Federazione Ciclistica Italiana è molto lineare e chiaro. E cita che l’assemblea ordinaria elettiva si deve svolgere entro il 15 marzo successivo allo svolgimento dei Giochi Olimpici Estivi. Quindi entro il 15 marzo del 2021. Dal momento che non sarà così in quanto hanno spostato le Olimpiadi il tutto slitterà di un anno, al 2022”.
Si va quindi verso la prorogatio?
“Per me lo statuto è chiaro. Mentre tutte le altre federazioni che non hanno lo statuto scritto allo stesso modo dovranno forse ricorrere a un dispositivo legislativo. Ovvero dovranno chiedere al Ministero dello Sport e al Coni uno slittamento o una deroga o una autorizzazione per il rinvio delle elezioni”.
Pertanto l’assemblea elettiva ordinaria dovrà giocoforza essere posticipata a marzo 2022?
“Questa è l’unica scelta possibile per dare una garanzia di continuità tecnica per gli atleti e gli staff tecnici. Ovvero, se dovessimo votare nel marzo 2021 per eleggere un nuovo presidente e questo dovesse cambiare, probabilmente sceglierebbe un nuovo staff tecnico e la preparazione olimpica in vista delle Olimpiadi di luglio e agosto del 2021 potrebbero avere ripercussioni sugli atleti e staff tecnici e di lavoro”.
Soddisfatto di questo quadriennio?
“Certamente. Abbiamo risanato il bilancio federale, restituito credibilità internazionale al ciclismo italiano e alla Federazione stessa, ottenuto grandi risultati sulla pista e sulla strada, ed enormi miglioramenti in tutti i settori federali e tecnici. E oggi siamo sul podio in quasi tutte le discipline. Per quanto riguarda la pista pecchiamo ancora nel settore della velocità, che sconta la pressione delle società sportive su strada, ovvero, non appena un velocista va un po’ forte lo reclutano subito i team degli stradisti e rischiamo di perderlo. Abbiamo ancora alcune cose da concludere, come il Velodromo di Spresiano, ma per ciò che riguarda questo impianto sono in arrivo importanti novità entro breve. Poi forse riusciremo a realizzare il velodromo coperto di Misano. E risanare quello di Montichiari da usare per gli allenamenti o le gare minori. La Francia e l’Inghilterra ad esempio hanno cinque velodromi coperti. A noi ne basterebbero tre per tornare totalmente competitivi. Pensate a cosa siamo riusciti a fare senza averne uno. Adesso è fondamentale ripartire con l’attività su strada al più presto così come con i centri di avviamento della pista che abbiamo dotato di nuovi strumenti in modo che ci sia un linguaggio unico nell’attività di base con la nazionale. C’è insomma voglia di rinascita”.