25 aprile. E’ il giorno della Liberazione. In questo strano e maledetto 2020 è anche il giorno in cui l’Italia, regione per regione, sembra volersi svincolare dalla quarantena per il Coronavirus.
LIGURIA, IN BICI DA OGGI – In Liguria, da oggi, alle 19 si potrà uscire di casa per fare una corsetta e per andare in bici; il Veneto da ieri spinge in avanti e, sostanzialemnte, apre agli spostamenti su strada.
Dal 4 maggio, lunedì prossimo, la Fase 2 dovrebbe consentire di tornare a pedalare su tutto il territorio nazionale, in solitaria, ma si potrà fare.
FRENO A MANO PER LA FCI – Gli unici a frenare sembrano essere i dirigenti della FCI: sono stati i primi a fermare il movimento e ora il presidente Renato Di Rocco, nel segno del politicamente corretto, propone addirittura 15 giorni di stop per i ciclisti che dovessero essere multati.
Mentre tutti gli altri sport chiedono di poter ritornare alla normalità, il presidente della FCI rinuncia anticipatamente a qualsiasi gara in Italia. Sarebbe tutto da rinviare al 2021 per il numero uno del ciclismo azzurro.
QUESTIONE DI RESPONSABILITA’ – Senso di responsabilità. Giusto essere responsabili in un momento così critico però bisognerà esserlo non solo nei confronti del Coronavirus ma anche nei confronti di tutte quelle società e di quei tesserati che saranno costretti a chiudere i battenti a fine anno dopo una stagione buttata al vento.
La responsabilità non si può tramutare in paura e arrendevolezza. Non può essere considerato “responsabile” il fatto di prendere uno studio elaborato in laboratorio, per una disciplina diversa dal ciclismo, e raddoppiarne le misure di sicurezza.
Se alla FCI non si è fatto in questi due mesi (o se si è fatto ma non si è arrivati a trovare una soluzione concreta), forse è arrivato il momento che si valuti scientificamente e in maniera approfondita gli effetti di un evento sportivo all’aperto e che si elabori un modello-gara da replicare su tutto il territorio nazionale a partire da luglio o da agosto che sia.
SI PUO’ FARE… – Arrendersi ora è come ritirarsi da una corsa dopo i primi 10 chilometri. Se c’è un valore che il ciclismo ha insito in sè stesso è quello della tenacia e della combattività. Ci si aggiunga delle professionalità adeguate e un pizzico di fantasia, si risolva un problema alla volta e si elaborino nuove idee, ma si faccia qualcosa per offrire una vetrina a ragazzi e società di tutta Italia.
Il congelamento delle categorie, se non si tornerà a correre nel 2020, sarà una misura troppo debole per salvaguardare il movimento italiano, perchè mancheranno sponsor, aziende, eventi e squadre ancor più di quanto sia accaduto negli ultimi anni.
Aspettando solo che il Covid-19 se ne vada del tutto dal Belpaese o che arrivi il nuovo vaccino si rischia seriamente di non correre nel 2020 e nemmeno nel 2021. Con conseguenze a dir poco catastrofiche.
Se non si vuole azzerare l’attività ciclistica giovanile italiana è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e pensare a delle soluzioni alternative che consentano non solo di allenarsi ma anche di correre e confrontarsi in piena sicurezza. Altrimenti qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di aver abbassato definitivamente la serranda del ciclismo italiano.