Gli uffici dello Stadio Euganeo sono chiusi ormai da diverse settimane. Il Comitato Regionale Veneto della FCI, però, continua a lavorare in smart working: “In questi mesi ci siamo confrontati con i tecnici e le società. Abbiamo risposto sempre alle tante richieste dei nostri tesserati che avevano bisogno di spiegazioni, rassicurazioni e indicazioni precise e noi siamo rimasti al loro fianco nonostante le mille difficoltà del periodo. Mi consenta di ringraziare tutto il nostro personale per lo straordinario lavoro svolto anche in questi giorni” spiega Igino Michieletto, presidente del Comitato Regionale Veneto della FCI.
La domanda che si sente ripetere di continuo è: quando potremo tornare a correre? Il telefono di Igino Michieletto, in questi giorni è diventato il punto di riferimento per il movimento: “Sento una certa fiducia e molta speranza nel voler ricominciare ad organizzare eventi e gare ma ci sono delle difficoltà oggettive che non possono essere sottovalutate” spiega il numero uno del ciclismo veneto che, in questi giorni, è stato colpito anche da un grave lutto che gli ha sottratto l’affetto del fratello Giorgio: “Una persona veramente speciale che ha speso la propria vita a servizio degli ultimi”.
Quali sono le prospettive per il mondo delle due ruote nella seconda parte del 2020?
“Purtroppo bisogna fare i conti con la realtà. Al momento non c’è la possibilità per prevedere che il mondo giovanile e dilettantistico possa tornare a gareggiare. O almeno, per molto tempo, non si potrà farlo nelle forme in cui siamo abituati”.
Quindi tutto rimandato al 2021?
“Fino a fine anno, con ogni probabilità, non saranno possibili attività di gruppo; di conseguenza, se ci sarà la disponibilità degli enti locali, delle società sportive e degli sponsor bisognerà pensare a delle attività alternative come gare a cronometro, a staffetta o di abilità singolare”.
Un anno di stop rischia però di avere conseguenze nefaste…
“Ne siamo consapevoli. Per questo anche a livello nazionale ci siamo fatti promotori di una serie di proposte per tutelare il nostro movimento. In primo luogo abbiamo chiesto che, anche se nel 2020 si dovesse tornare a correre, non si assegnino titoli nazionali, punteggi o premi gara ma si consideri questo come un anno bianco. Poi, per il 2021 abbiamo fatto istanza di un azzeramento delle tasse di affiliazione e della riduzione del costo dei tesseramenti degli atleti. In più abbiamo fatto appello a tutti i professionisti che forniscono servizi per l’organizzazione delle gare affinchè riducano al minimo i costi per le loro prestazioni: è un momento difficile per tutti e dobbiamo venirci incontro facendo qualche sacrificio”.
Si parla di ricostruzione, come nel dopoguerra. Il 2021 sarà quindi come il 1946?
“Il ciclismo ha una storia che affonda le proprie radici in anni di povertà e carestia. I migliori corridori erano poveri: certamente dovremo ripartire con un ciclismo più austero e meno pretenzioso ma questo ci aiuterà a riscoprire quei valori che ci contraddistinguono da sempre. Il nostro movimento non deve avere paura della possibile crisi economica: possiamo farcela anche questa volta. Ricordiamoci che non è necessario cambiare bici, ammiraglie e furgoni tutti gli anni e che, soprattutto per quanto riguarda le categorie giovanili, negli ultimi anni si è un po’ esagerato con l’impiego di materiali all’avanguardia. Facciamo un passo indietro e torniamo a guardare all’essenziale”.
L’UCI sembra non pensarla come lei: come valuta il calendario World Tour?
“Mi pare che ad Aigle si stia facendo come faceva la banda musicale sul Titanic: nonostante la nave stia affondando si continua a suonare come nulla fosse cambiato. Sono state assegnate delle date senza avere alcun dato concreto sulla effettiva possibilità di gareggiare nei vari Paesi. In più non si è voluto rinunciare a nulla e si è pronti a trattare gli atleti come dei robot che dovranno gareggiare ininterrottamente per tre-quattro mesi pur di garantire lo spettacolo. Forse sarebbe stato meglio attendere qualche giorno in più e valutare meglio la situazione oltre che ridurre il numero dei giorni di gara e calendarizzare solo gli eventi assolutamente irrinunciabili”.
Il lockdown è finito, alle società venete cosa consiglia?
“Innanzitutto mi permetta di fare un richiamo al rispetto delle regole. Chi vuole pedalare lo può fare ma con coscienza e responsabilità: usare i dispositivi di sicurezza, uscire da soli e tenere le distanze con chi si incontra lungo la propria strada. Poi il consiglio che abbiamo dato alle società del settore giovanile è quello di non avere fretta, di affrontare una ripresa graduale e di attendere ancora qualche settimana per pensare agli allenamenti, anche per quelli individuali. Ben vengano, invece, le iniziative basate sul gioco e sullo sviluppo delle abilità sotto la supervisione dei genitori. Ripartiamo da lì, in maniera graduale. Ci aspetta una lunga estate nella quale, se tutto andrà bene, ci sarà tanto tempo per pedalare”.
Il 2020 doveva essere anche l’anno delle elezioni federali: già deciso il rinvio del turno elettorale al 2021?
“Nulla è ancora deciso purtroppo. Il Governo ha delegato il Coni che però non può deliberare in video-conferenza, per questo bisognerà attendere ancora per capire cosa fare. Il punto non è tanto quando si voterà, ma è avere certezze in merito: ci troviamo di fronte ad una crisi gravissima di fronte alla quale sarà necessario porre in essere delle misure radicali e ben programmate. Per questo serve certezza su chi deve decidere le regole per la ripartenza e quanto tempo avrà a disposizione per metterle in atto: anche noi come Comitato Regionale siamo pronti ad adottare delle iniziative per la seconda parte di stagione e, soprattutto, per il prossimo anno ma non possiamo programmare nulla fino a quando non sapremo quale sarà il termine temporale del nostro operato”.