“Le rivoluzioni le fanno i potenti o i disperati”. Il refrain di Gianni Savio (Androni) sulle proteste alle quali ha assistito negli ultimi 30 anni da parte dei corridori, prima come direttore sportivo e poi come team manager. Resta da capire se i 134 corridori intirizziti, sotto le tende del Villaggio di Partenza del Giro d’Italia, da Morbegno, siano potenti o disperati. O anche tutte e due le cose.
Potenti perché senza corridori la tappa non si corre; disperati perché in un Giro d’Italia corso ad ottobre, falcidiato in alcune tappe dai positivi al Covid, dalle cadute e dalla pioggia, freddo e neve, la tappa più lunga della corsa rosa li abbia fatti decidere, per disperazione: o non si parte o si accorcia la tappa. La Morbegno – Asti è stata allungata di 8 chilometri, per un totale di 258 chilometri, a causa del crollo di un ponte sul fiume Sesia in località Candia Lomellina, anticipando quindi la partenza di 15 minuti di tutte le operazioni di partenza. Una tappa completamente pianeggiante e conosciuta da tempo da atleti e team che non avevano sollevato al riguardo alcuna obiezione. Quella postilla al comunicato della giuria ha fatto scattare vibranti proteste.
Pare sia partita da un team straniero che già la scorsa settimana, con la motivazione di non sentirsi sicuro a causa del covid, voleva far chiudere anzitempo il Giro d’Italia. Smentito poi dai tanti tamponi fatti fare a raffica da Rcs e da Mauro Vegni, il direttore della corsa a tappe. Tamponi il cui risultato è stato fornito immediatamente e dal quale nessun corridore è più risultato positivo.
“La protesta è partita ieri sera tardi dal gruppo Telegram che abbiamo come Cpa, Accpi e corridori rappresentanti dei team al Giro – racconta Cristian Salvato presidente Accpi e rappresentante Cpa in corsa al Giro -. I corridori non se la sentivano di affrontare 258 chilometri sotto la pioggia battente con temperature davvero gelide. E soprattutto negli ultimi giorni avevano corso 600 chilometri in gara con 15mila metri di dislivello, alzate continue all’alba, la neve e il freddo dello Stelvio. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’allungamento di otto chilometri della frazione da Asti a Morbegno. E le condizioni meteo e l’anticipo della partenza. Con la collaborazione della giuria siamo riusciti a convincere, prima in modo molto deciso poi trovando un accordo, Rcs ha ascoltato le nostre richieste. Anche perché senza i corridori la tappa non sarebbe partita. Su 18 squadre in 16 hanno votato per la soluzione che abbiamo scelto, ovvero di far percorrere circa undici chilometri attorno a Morbegno, per onorare la partenza e il pubblico presente, e poi i corridori li abbiamo fatti salire sui rispettivi bus per un taglio di circa 100 km. La corsa riparte da Abbiategrasso alle 13.30. Il direttore del Giro Mauro Vegni alla fine ha accolto la proposta di neutralizzare parte del percorso”.
Ma conoscevate da alcuni mesi il programma del nuovo Giro post covid, perché non avete protestato subito?
“Con il senno di poi si fanno tante cose giuste o sbagliate. Forse nessuno aveva fatto queste valutazioni, nessuno aveva sollevato dubbi o problemi. E non è facile salire per 15 giorni in bicicletta e pedalare ogni giorno sotto la pioggia o con il freddo e percorrere centinaia di chilometri. Evidentemente hanno raggiunto il massimo livello di stanchezza”.
Non sono per niente soddisfatti i direttori sportivi della scelta dei corridori ma del resto in bicicletta ci sono loro, mentre i diesse stanno in auto: “Mi sono adeguato alla scelta dei miei atleti – racconta Roberto Reverberi della Bardiani -. Hanno deciso così e noi non possiamo impedirlo. In bicicletta ci stanno loro. Ci allineiamo giocoforza alle decisione che il gruppo degli atleti ha preso all’unanimità”.
Una vena di polemica invece quella di Giovanni Ellena, diesse Androni Sidermec: “L’Accpi e i corridori non ci fanno una bella figura. Lo sapevano da mesi che le tappe sarebbero state queste. E le condizioni meteo si conoscono anche con una quindicina di giorni di anticipo. Potevano protestare prima, non trovarsi alla sera prima. Io sono salito in pullman con i corridori un ‘ora prima e i ragazzi mi hanno guardato e mi hanno riferito della scelta del gruppo, compatta, sull’accorciamento della tappa. Che poi sia chiaro, io sono contento che i corridori non prendano acqua e freddo dal primo all’ultimo chilometro, anche se non ho nessuno in classifica. E stiamo transitando lungo le strade. Non è che la gente ci faccia gran sorrisi. Tutti aspettavano, nonostante la pioggia il passaggio del Giorno. Mi metto anche nei panni di chi organizza. Gli atleti possono anche aver ragione sulle condizioni meteo, non sono carne da macello ma sono atleti e uomini. Però le associazioni dei corridori, dall’Accpi alla Cpa devono cominciare a fare un lavoro diverso, prendersi per tempo e se ci sono problemi dirli con anticipo e tutelare sia gli atleti ma anche essere consapevoli di cosa comporta una decisione”.
Troppo arrabbiato Mauro Vegni per rispondere. La sua fatica di portare a termine il Giro d’italia nonostante tutti gli ostacoli è stata ripagata così.