Anatomia di un delitto, autopsia di una tappa. Chi è senza peccato scagli la prima pietra sulla tappa Morbegno – Asti. Per capitoli affrontiamo quanto accaduto nella tappa della discordia. Ma ricordiamoci che tutti gli ex corridori che ora pontificano e che hanno posato la bici da qualche anno, sono stati corridori. E quindi con peccato originale.
In principio fu la pandemia: Il coronavirus quello che tutto cambiò. Mondo compreso e biciclette pure. Rcs con Mauro Vegni ha fatto l’impossibile pur di far ripartire il ciclismo professionistico. Dalle Strade Bianche alla Milano Sanremo al Giro di Lombardia, Tirreno – Adriatico e Giro d’Italia. Quando Mauro Vegni, dipendente Rcs va a trattare all’Uci, combatte contro i mulini a vento una propria battaglia personale. Aso, Tour de France e poteri occulti lo schiacciano spesso sotto i piedi. Comandano loro. Il merito delle armi, come si usava nell’antica Roma, a Vegni che combatte da solo per difendere quel che resta del ciclismo italiano. E’ dovuto soccombere alla scelta primaria del Tour di piazzarsi in posizione privilegiata nel calendario dalla coperta corta. Salvo poi prendersi la rivincita sulla pandemia e sui francesi. Lui le sue corse le ha portate tutte a termine, a dispetto di calendari che non favorivano il bel paese. In Francia li stanno chiudendo, è saltata la Roubaix. Da noi tutto si è concluso.
Ex corridori: Bugno e Salvato. Salviamo il soldato Ryan. Si è pensato sempre al metro e mezzo di distanza, confondendo come sindacato corridori le vere priorità degli atleti, oltre alla sicurezza sulle strade. Contratti spesso disattesi, atleti non tutelati come sarebbe necessario, continental nel limbo, che spesso senza di loro le corse professionistiche non partirebbero, passaporto biologico per tutti. Quanti soldi spendono le World Tour e le Professional per far entrare nei parametri antidoping i proporlo corridori che poi si trovano a correre con le continental che certi parametri non sono costretti a rispettarli? Pensioni, contributi da versare, corridori spesso costretti a pagare per correre. Ecco, queste sono le cose da risolvere per gli atleti. Che spesso Salvato e Bugno disattendono. In Italia ci sono regole differenti dal punto di vista degli statuti dei lavoratori rispetto ad altri paesi. Serve uniformità. Perché alla fine i corridori sono lavoratori del pedale con rischio personale. Anche della vita. Bugno avrebbe dovuto togliersi le cuffie da commentatore tecnico Rai e scendere a parlamentare con i corridori e capire cosa stava succedendo. Salvato, forse ormai inadatto al ruolo di rappresentante degli atleti, doveva svegliarsi qualche settimana fa, controllare le tappe, segnalare le problematiche di tappe, meteo e molto altro, imparare a confrontarsi con gli organizzatori. Avere voce forte in capitolo. Alla fine si evince che gli ex corridori, dai commentatori ai procuratori ai diesse e tanto altro non sono adatti a dialogare con i corridori moderni. La cultura è il discrimen rispetto a ragazzi che adesso parlano tante lingue, hanno tutti diplomi, anche lauree, qualcuno addirittura master, si informano, leggono, sanno di politica, di economia, di gossip, di storia. Se poi accadono strafalcioni come quelli di ieri la cosa non è tutta dei corridori.
La chat di Telegram: Nibali parla di esigenze di confronto su alcune tematiche. E che i confronti non si possono fare in una chat di messaggistica. Giustissimo. Ma il confronto come lo fai? Nell’era della pandemia su due ruote i corridori non possono fare “assemblee”, sono costretti a rimanere ognuno nei propri pullman, lontani dai tifosi, dagli amici, dai parenti, dal ciclismo come abbiamo sempre inteso. E’ stato uno scambio di messaggi la sera precedente. Chi era impegnato ai massaggi, chi era in doccia, chi stava ancora arrivando in hotel, chi si stava apprestando a cenare, chi a controllare la propria bicicletta o semplicemente a guardarsi qualche film su un tablet dopo le fatiche affrontate in questo Giro. La stanchezza di tappe lunghe, pesanti, la partenza dal caldo di Sicilia al freddo e alla neve delle Alpi, lunghi trasferimenti, poco tempo per riposare, per recuperare, alzatacce all’alba, vetri delle auto ghiacciati, colazioni alle sei del mattino. La stanchezza se permettete si fa sentire nel gruppo di ragazzi che sono comunque mio figlio, tuo figlio, tuo nipote, tuo fratello. Perché massacrarli e additarli di colpe immense. Il Covid ha inciso pesantemente su questo Giro d’Italia, si sottopongono un giorno si e un giorno no a tamponi anticovid che comunque sono invasivi, controlli antidoping, distanziamento, mascherine. E poi…pass a gogo in carovana e fuori, a gente che con il ciclismo pedalato ha poco a che fare, mettendo in crisi la bolla. Trasferimenti infiniti. E alberghi conosciuti solo pochi giorni prima. Con tutte queste premesse ci sta che alla fine la stanchezza abbia prevalso sulla lucidità. Uno scambio di messaggi: troviamoci al tendone del caffè e decidiamo.
Corridori in prima linea e diesse: Nessuno sapeva niente e tutti erano in prima linea. Tra le proposte uscite alla fine della discussa tappa Morbegno – Asti, quella di nominare un corridore di spessore che si confronti per tempo con gli organizzatori dei grandi Giri su difficoltà altimetriche, trasferimenti, tappe lunghe, riposi, protocolli e altro. Tutte le componenti devono dialogare tra di loro per far andare avanti questo ciclismo sempre più moderno, anche tecnologico e che non deve guardare sempre al passato. E’ vero, tanti diesse no sapevano di quello che stava accadendo sotto il tendone del caffè. Molte ammiraglie erano arrivate in ritardo. Perché al Tour, che a onor del vero sono organizzati, ci sono pattuglie di polizia, scorte che portano i pullman delle squadre e le stesse ammiraglie al ritrovo di partenza facendo saltare semafori, rotonde in toppi perché tutto fili liscio. Qui da noi spesso le moto scorta preferiscono mettersi a favore di telecamera. Quindi la stanchezza ripetiamo, è prevalsa sulla lucidità. Pulman già partiti per la meta della tappa, ammiraglie, disorganizzate, corridori scattati subito. Insomma. Una baraccata uscita in modo maldestro. Ma non scarichiamo tutto sui corridori. Senza di loro le corse non partono.
Quando correvo io: E basta con gli ex corridori a ribadire “quando correvo io”. Il ciclismo è cambiato, prima si facevano le visite parenti in corsa, ci si nascondeva al bar e si tagliavano i percorsi, si chiacchierava, ci si dopava, non si studiava. L’alternativa alla bicicletta era fare il contadino o l’operaio. E lo si sente dai commenti tecnici o dai commenti sui social o dalle interviste. Il ciclismo è moderno, tecnologico, si scatta già dal primo metro, non c’è tempo è vero per il dialogo, ma poi chi lo dice questo. I ragazzi si conoscono si cambiano opinioni, ridono, scherzano ma dal “ciao mama sono arrivato uno” il mondo è andato avanti. Andate avanti anche voi con i commenti. E imparate i congiuntivi senza farfugliare…