La Clasica de Almeria vinta da Giacomo Nizzolo ha segnato il debutto 2021 anche per Marco Marcato. L’alfiere della UAE Team Emirates, 37 anni compiuti da pochi giorni, ha iniziato così la sua diciassettesima stagione da professionista. Diventato un uomo squadra dopo aver dimostrato il proprio valore alla Parigi-Tours 2012, lo scorso anno ha avuto il privilegio di vivere il successo al Tour de France al fianco del sorprendente Tadej Pogacar. “Quando si è giovani si pensa più a sé stessi e si fanno continui paragoni con gli altri. Poi con il passare degli anni si entra in un’altra dimensione: io mi sono ritagliato questo ruolo. In quelle situazioni come un attacco improvviso di qualche avversario o di fronte ad un qualsiasi imprevisto c’è la necessità di muoversi con tempestività e la squadra spesso si affida a me per decidere cosa fare. E’ una bella responsabilità ma quando vince un mio compagno è come se vincessi io” racconta Marcato.
Nella filosofia del padovano non prevale chi va più forte ma chi riesce a far arrivare la squadra più lontano. Proprio come è successo alla Grande Boucle dello scorso anno: “Alla partenza da Nizza sapevamo che Pogacar aveva le carte in regola per fare bene: a fare la differenza è stata la serenità di Tadej. Lui sa gestire le emozioni e sotto pressione riesce a rendere di più; a differenza di Roglic non aveva nulla da perdere e questo gli ha permesso di fare quella grande prestazione nella cronometro finale. Noi in quelle tre settimane gli siamo sempre stati vicini, lo abbiamo protetto e gli abbiamo permesso di risparmiare quelle energie che poi sono state decisive. Non si può dire altrettanto della Jumbo Visma con Roglic”.
Tre anni in meno di Zlatan Ibrahimovic, Marcato appartiene alla generazione di Tom Brady, fresco trionfatore del Super Bowl: uomini di ferro, che hanno fatto del carattere e della forza mentale la propria arma vincente. Atleti di altissimo spessore che, in barba alla carta d’identità, non hanno nessuna intenzione di mollare. “Quest’anno sono in scadenza di contratto ma penso di rinnovare almeno per un’altra stagione. Sono consapevole che gli anni passano ma vorrei continuare a correre fino a quando sentirò di essere competitivo e non mi peserà alzarmi al mattino per uscire ad allenarmi”. Marcato si concede un sorriso, prima di tornare all’attualità.
Eppure ci sono tanti colleghi che non reggono questi ritmi. Come vede i ritiri prematuri di Marcel Kittel e Tom Dumoulin?
“Negli ultimi anni il nostro lavoro è diventato molto stressante a livello psicologico: fare il ciclista oggi significa essere impegnati per 365 giorni all’anno. In passato, ad esempio, nel corso dell’inverno ci si fermava completamente per andare in vacanza e la bici si riprendeva in mano solo dopo diverse settimane, oggi non è più così. Se vuoi resistere ad alti livelli devi essere sempre concentrato e professionale. Anche nei periodi di riposo dalle gare non si stacca mai la spina ma si lavora per migliorare i propri deficit, per intervenire sulla posizione in bici, sulla postura e sull’alimentazione”.
E dei giovani fenomeni come Pogacar ed Evenepoel che idea si è fatto?
“Io sono approdato al professionismo a 20 anni. Era il 2005 e sino a quel momento non mi ero mai allenato con un cardiofrequenzimetro. Oggi i ragazzi di 15-16 anni sono già abituati a sfruttare questo tipo di tecnologia e per questo arrivano nel nostro gruppo già a 18 anni e sono molto competitivi. Questo è il progresso del nostro sport: la domanda semmai è: fino a quando resisteranno ad alti livelli? E la risposta non è per forza negativa, semplicemente andiamo verso uno sport dove si potrà vincere da giovani e la carriera magari si concluderà prima. Un pò come accade in altre discipline come la ginnastica artistica”.
E lei che ha da poco spento le 37 candeline, invece, quale desiderio ha espresso?
“Di stare bene e di continuare a correre ad alti livelli. Il sogno è quello di riuscire a vincere una classica monumento come la Parigi-Roubaix o il Giro delle Fiandre. Mi restano ancora pochi tentativi e cercherò di sfruttarli al meglio”.
Potrà contare su di una squadra che è cresciuta moltissimo negli ultimi anni. Che aria si respira alla UAE Team Emirates?
“Abbiamo creato un gruppo che va molto d’accordo, non c’è intesa solo tra i corridori ma anche e soprattutto con lo staff tecnico. E’ la prima volta che vedo così tanta coesione in un team e questo permette a tutti gli atleti di lavorare al meglio”.
Siete stati anche la prima squadra a sottoporsi alla vaccinazione. Nel 2021 si riparte da qui?
“Penso che il vaccino sia l’unica via d’uscita dalla pandemia, la soluzione per tornare alla normalità. Per il momento, anche per noi che siamo abituati a girare il mondo, ogni trasferta è molto più difficile con tamponi, controlli, distanziamenti e quarantene. E’ importante vaccinarsi, spero che il vaccino sia presto disponibile per tutti”.