Il GIP di Alessandria ha rigettato l’opposizione alla richiesta di archiviazione sul caso di Giovanni Iannelli presentata dai familiari disponendo, di conseguenza, l’archiviazione definitiva del procedimento.
PAROLA FINE – Una decisione che mette la parola fine, o quasi, alla vicenda che continua a scuotere il mondo del pedale italiano; dopo la condanna del Giudice Sportivo per carenze organizzativo, il patteggiamento con cui si era concluso il procedimento innanzi al Tribunale Federale e l’archiviazione del procedimento penale, sui fatti di Molino dei Torti (Al) resta aperto solo il procedimento civile con cui i familiari di Giovanni hanno presentato richiesta di risarcimento dei danni.
Una decisione, quella assunta dal Dott. Andrea Perelli che va nella stessa direzione delle indicazioni fornite dal PM Trucano e che, se da una parte consente a Danilo Massocchi, Francesco Dottore ed Ennio Ferrari di tirare un sospiro di sollievo dall’altra non chiarisce i dettagli di una vicenda che continua a far discutere.
NORMALE RISCHIO – Nelle pagine dell’ordinanza di archiviazione del Tribunale di Alessandria si legge infatti che “v’è prova certa che l’evento sia stato determinato da uno scontro tra ciclisti, che ha determinato lo sbilanciamento del giovane verso sinistra”: per il Giudice per le indagini preliminari Giovanni Iannelli, quindi, sarebbe morto solo a causa di un evento accidentale. Una “normale” caduta causata dal “normale” contatto con un altro concorrente.
Decisivo per il dott. Perelli è il fatto che “i pilastrini teatro del tragico incidente non rappresentano un rischio anormale per la sicurezza, rappresentando invece un rischio ordinariamente assunto da tutti coloro che intraprendano tale sport che per definizione è pericoloso, proprio in ragione del fatto che non si svolge su circuiti ma si snoda su strada, attraverso luoghi altamente antropizzati. Da tale considerazione discende che non v’erano in capo agli imputati l’obbligo di schermare tale rischio ordinario”.
Secondo il giudice alessandrino, infatti, la pericolosità del rettifilo d’arrivo è stata rilevata solo dopo quanto è accaduto quel tragico 5 ottobre 2019 ma non era prevedibile prima della gara stessa motivo per cui agli organizzatori non può essere rimproverata alcuna colpa.
LE QUESTIONI ANCORA APERTE – La sentenza di archiviazione sulla morte di Giovanni Iannelli, oltre a non individuare alcun colpevole per la morte del giovane ragazzo pratese, lascia aperte una serie di questioni dal punto di vista tecnico e giuridico.
La qualificazione del ciclismo come “sport ordinariamente pericoloso” e “l’accettazione del rischio” da parte degli atleti in gara obbligano a fare una seria riflessione sul valore della vita dei ragazzi che settimanalmente si mettono in gioco sulle strade italiane. Il mondo del ciclismo, i direttori sportivi, i ragazzi e le loro famiglie, sono davvero consapevoli dei rischi a cui vengono esposti? A queste condizioni, quale genitore accetterebbe di mettere in bicicletta il proprio figlio?
Allo stesso modo, il criterio del “pericolo non prevedibile ex ante” indipendentemente dal rispetto di quanto previsto dal regolamento tecnico della FCI porta ad esonerare gli organizzatori da una corposa serie di responsabilità.
Va ricordato, infatti, che nel caso in questione è stato il giudice sportivo della FCI a rilevare il mancato rispetto delle minime norme di sicurezza sul rettifilo d’arrivo di Molino dei Torti: un dato, questo, che è stato ritenuto irrilevante dal GIP di Alessandria.
Che valore hanno quindi le norme tecniche della FCI?
Atteso che nessun incidente è, per definizione, prevedibile, quali sono le misure da adottare per garantire la sicurezza degli atleti e la serenità degli organizzatori?
Risposte che si sarebbero potute avere solo con lo svolgimento e la discussione di un processo che però il Tribunale di Alessandria ha rinunciato a celebrare.