Il Giro è terminato da poche ore, tra le tante cose che ci ha lasciato non possiamo non menzionare sei ragazzi che ci hanno sorpreso piacevolmente nell’arco di queste ultime tre settimane di corsa. Ci sono anche alcuni giovani ragazzi italiani che speriamo possano crescere con serenità e sbocciare definitivamente nel prossimo futuro.
Alessandro Covi: il 22enne rappresentante del team UAE è passato professionista nella complicata stagione 2020, è stato portato al giro senza particolari aspettative e ambizioni. Fin da subito però la squadra ha deciso di dargli carta bianca soprattutto nelle le tappe intermedie che si sono risolte con fughe da lontano. Da menzionare il secondo posto sul traguardo di Montalcino battuto solo dallo svizzero Schmid, e il terzo posto in cima allo Zoncolan. Ma che tipo di corridore è il ragazzo nativo di Borgomanero ? Difficile dirlo, per ora ha dimostrato di adattarsi molto bene su diversi tipi di terreni, sullo sterrato e in pianura ha dato prova di grande affidabilità, in salita, anche quelle lunghe, pur non essendo un classico grimpeur si difende più che bene, gli manca ancora da affinare la scaltrezza e l’esperienza negli sprint ristretti ma ha tutto il tempo davanti a sé.
Lorenzo Fortunato: il corridore del Team Eolo-Kometa ha sorpreso tutti nella frazione con arrivo sullo Zoncolan, lo scalatore bolognese era entrato nella fuga di giornata e una volta iniziate le terribili rampe della salita friulana ha distanziato tutti i suoi ex compagni di giornata andando a prendersi un più che meritato successo. Il venticinquenne sembra aver trovato la giusta dimensione nel team di Basso e Contador, dopo alcuni difficili anni passati nel sottobosco del ciclismo professional, con questa importante vittoria e l’ottimo 16° posto ottenuto nella classifica finale ha raggiunto la piena maturazione sportiva.
Giovanni Aleotti: se scorriamo gli ordini di arrivo delle singole tappe non troveremo mai nei primi posti il nome del giovanissimo corridore della Bora, il suo è stato un lavoro dietro le quinte, in supporto a Sagan e ai suoi compagni. Ma al primo anno tra i prof e al primo grande giro, il ragazzo nativo di Mirandola ha ottenuto ottimi riscontri e svariati complimenti dal gruppo. Nel 2019 fece secondo al Tour de l’Avenir, in prospettiva sembra essere corridore completo che predilige percorsi impegnativi. È tutto da scoprire, il Giro è stato per lui una novità, che ha superato a pieni voti, ora si volta pagina, lo aspettiamo ai prossimi appunti, magari con più opportunità personali da cogliere.
Tobias Foss: il vichingo della Jumbo-Visma è stato uno dei corridori più regolari di questo Giro d’Italia, terminato in nona posizione . Nasce come cronoman, nella tappa di apertura di Torino ottiene un più che soddisfacente terzo posto, ha dimostrato in salita però grandi doti e un gran carattere, appena 24enne ha ottenuto ben presto i gradi capitano all’interno del team, superando nelle gerarchie i più esperti Bouwman e Bennet. Fisico possente (1.84m per 74kg) come corporatura e caratteristiche assomiglia molto al suo collega Tom Dumoulin, garantisce ottime prestazioni in salite medio-lunghe e nelle prove contro il tempo, la Jumbo – Visma si è assicurata un altro talento per il prossimo futuro, che bella sorpresa!
Geoffrey Bouchard: il ragazzo francese della AG2R – Citroen è riuscito a portarsi a casa la maglia di miglior scalatore. Come da lui stesso ammesso probabilmente non era il più forte in salita a questo Giro ma tappa dopo tappa, grazie alle innumerevoli fughe a cui ha preso parte è riuscito a vincere questa speciale classifica. Nel 2019 alla Vuelta riuscì anche in quella occasione a sfoggiare sul traguardo di Madrid l’equivalente della classifica del miglior scalatore. Se come al Tour esistesse il premio della combattività sicuramente “Gioffredo” sarebbe in lizza per vincerlo, ci rimangono di lui anche le lacrime sull’arrivo di Campo Felice quando per questioni di metri non riuscì a sollevare le braccia al cielo.
Damiano Caruso: Non possiamo non chiudere questa speciale lista con il “vecchietto” di turno. Damiano Caruso non ha bisogno di presentazioni e onorificenze, si è fatto da solo lungo tutta la sua carriera con dedizione e senso al lavoro, una vita passata a rincorrere quel momento che lui stesso ha definito “ il giorno più bello della sua vita”. Se lo ricorderà al lungo questo giro, la vittoria all’Alpe Motta e il podio finale suggellano una carriera che ha 33 anni non è ancora finita anzi, un’altra dimensione è appena iniziata.
La pacca sulle spalle che ha dato a Bilbao nella penultima tappa è una delle immagini più forti e significative di tutto il giro, quando un corridore sa riconoscere il lavoro altrui e fa di tutto per rendergli merito. La più bella sorpresa di questo giro è sicuramente il siciliano, quando il ciclismo non è solo sport ma anche lezione di vita , mai arrendersi di fronte alle avversità che la vita ci pone lungo il cammino e soprattutto mai accantonare i propri sogni perché un giorno come ci insegna il buon Caruso questi si possono materializzare…