Inseguimento a squadre maschile:
1° Italia (Consonni, Ganna, Lamon, Milan) 3’43″032 (W.R.)
2° Danimarca (Hansen, Larsen, Madsen, Pedersen) 3’42″198
3° Australia (O’Brien. Welsford, Howard, Plapp, Porter)
4° Nuova Zelanda (Gate, Stewart, Gough, Kerby)
5° Canada (De Haitre, Foley, Gee, Lamoreux) 3’46″324
6° Germania (Kluge, Gross, Rohde, Weinstein, Reinhardt) 3’50″023
7° Gran Bretagna (Hayter, Tanfield, Vernon, Wood, Clancy) 3’45″636
8° Svizzera (Froidevaux, Bissegger, Thiebaud, Thiery. Schir, Schmid) 3’50″041
Luigi Arienti, Franco Testa, Mario Vallotto e Marino Vigna. Erano loro gli ultimi italiani ad aver conquistato l’oro nell’inseguimento a squadre. Avevano corso alle Olimpiadi di Roma 1960. Poi, da Tokyo 1964, gli azzurri furono d’argento (1964) e di bronzo (1968) ma mai più Campioni Olimpici.
A riannodare il filo con la storia sono stati quest’oggi, in un caldo e nuvoloso 4 agosto, Simone Consonni, Filippo Ganna, Jonathan Milan e Francesco Lamon: 61 anni dopo l’Italia è di nuovo d’oro. Ma il quartetto che nella finale contro la Danimarca ha fatto segnare anche il nuovo record del mondo della specialità è ben più ampio dei quattro vagoni di quel treno velocissimo e comprende anche Elia Viviani, Liam Bertazzo e Michele Scartezzini che pur non avendo fatto alcun giro di pista a Tokyo hanno lavorato per anni alla costruzione di questo progetto ambizioso. Un progetto che porta il nome anche di Marco Villa, CT che ha fatto del silenzio e del lavoro il proprio stile, di Diego Bragato e del Centro Studi della FCI e di Davide Cassani che ha saputo fare da regista nonostante sia stato costretto a rientrare anzitempo da Tokyo.
La rocambolesca qualificazione per Rio 2016 aveva fatto scattare qualcosa di magico nel gruppo di Marco Villa. Un sogno più forte di ogni difficoltà, capace di resistere al rinvio delle Olimpiadi a causa del Covid-19 e di superare anche quella clamorosa scivolata ai mondiali del 2019 che fece deragliare il treno azzurro già lanciato verso un’altra bella medaglia.
In questi tre giorni di gare a Tokyo agli azzurri lanciati verso il successo nell’inseguimento a squadre deve essere passato davanti agli occhi tutto questo e molto altro. Dettagli e retroscena che solo loro conoscono e che li hanno rafforzati nel proprio intendimento rendendoli irresistibili anche per i nervosi Danesi.
Vince l’Italia ed è giusto festeggiare. Ma allo stesso tempo non va perso di vista il futuro. Lo insegna la parabola discendente della Gran Bretagna che dopo essersi aggiudicata l’oro in questa disciplina per tre volte consecutive (Pechino, Londra e Rio) a Tokyo è precipitata addirittura in settima posizione.
E’ un oro bellissimo ma se non vogliamo dover attendere un’altra dozzina di lustri per tornare ad alzare il tricolore verso il cielo è compito di tutti i tecnici nazionali coltivare da subito i tanti altri talenti che il nostro vivaio offre e che devono crescere gradualmente alle spalle di Ganna, Consonni, Milan e Lamon.
Fermarsi ora significherebbe restare nella storia ed essere condannati a vivere nel passato: questi ragazzi hanno conquistato l’oro allenandosi in un velodromo, l’unico coperto in Italia, considerato inagibile per tutti gli altri. Se questo non è un miracolo, poco ci manca: per il prossimo futuro ora serve subito, dopo Tokyo, un progetto serio ed efficente.