L’Australia e ora l’Argentina hanno aperto ufficialmente la stagione su strada, due corse che da anni si inseriscono all’inizio del calendario professionistico. Divise dall’Oceano ma accomunate dal destino comune: le strade e i percorsi sprovvisti di segnaletica e protezioni.
L’occhio attento dell’osservatore avrà notato diverse insidie nei tracciati delle tappe australiane; al Santos Tour Down Under, la prima tappa si snodava lungo il circuito cittadino di Adelaide tanto affascinante ma con in serbo i soliti pericoli che i centri urbani propongono. La pioggia ha reso il manto stradale viscido, molti corridori hanno potuto assaggiare l’asfalto, altri hanno dovuto sfoderare le migliori doti tecniche per non finire a terra. La tappa si concludeva con un arrivo alquanto insolito con il fiume Torres che correva a fianco ai corridori senza nessun tipo di protezione prevista tra l’uomo e il letto del fiume, un colpo di vento forte e il bagno era assicurato. Quello che ci ha sorpreso di più sono state le tappe successive con la gestione della sede stradale a dir poco discutibile, le immagini dall’elicottero hanno catturato in alcuni punti diverse autovetture praticamente riverse all’interno del percorso di gara senza alcuna delimitazione riducendo lo spazio della carreggiata e obbligando il gruppo a dribblare i mezzi.
Oltrepassando l’oceano in Argentina alla Vuelta San Juan le dinamiche sulla sicurezza poco cambiano, nel corso del finale della prima tappa, il gruppo a meno di 2 km dall’arrivo ha affrontato a velocità sostenuta uno spartitraffico incredibilmente non segnalato (senza addetto con la bandierina e senza una protezione posizionata sull’isola). Il gruppo ha dovuto deviare all’ultimo la propria traiettoria rischiando di centrare in pieno il gruppo di tifosi presenti.
E ora siamo pronti a partire in Europa, ma con quali presupposti?
C’è da augurarsi che siano migliori di quelli a cui stiamo assistendo fuori continente!