Quella di quest’anno sarà la decima edizione della corsa della birra orfana del Cauberg come arrivo finale, teatro da sempre delle più belle sfide che hanno animato gli arrivi dei primi anni duemila: Le rasoiate di Gilbert, come le stoccate dei nostri Rebellin e Cunego. Se lo ricorda bene anche Enrico Gasparotto, unico italiano a vincere la corsa per due volte, nel 2012 quando ancora si arrivava lassù, e nel 2016 quando lo striscione dell’arrivo era spostato di qualche chilometro dopo lo scollinamento. Il friulano di nascita con cittadinanza svizzera rimane ancora oggi l’ultimo azzurro nel palmares della corsa olandese.
Dal 2013 Gli organizzatori hanno pensato bene di togliere il celebre Cauberg dall’arrivo della corsa, per dare più imprevedibilità allo svolgimento della gara, ogni anno ridisegnano il percorso mantenendo immutate le loro piccole ma terribili cotes da capogiro, ma se un tempo era il terribile strappo conclusivo di 800 metri a sentenziare la gamba migliore, oggi l’arrivo è in piano e ogni anno stiamo assistendo a un epilogo diverso e tutt’altro che scontato; ecco quindi quattro modi per vincere l’amstel nell’era contemporanea!
1VS1: lo scontro testa a testa è da sempre il più entusiasmante e incerto nel mondo del ciclismo, nei Paesi Bassi lo sanno più che bene, nell’edizione dello scorso anno: Kwiatkowski VS Cosnefroy e in quella del 2021 Van Aert VS Pidcock, il mondo interno ha assistito ad un vero e proprio duello risolto con una volata sui pedali e i millimetri e non i centimetri dei tubolari a sentenziare chi avrebbe alzato il trofeo e la pinta di birra. Quest’anno il fotofinish è più che mai il terzo attore protagonista della gara, visto il trend non ci sorprenderebbe se anche nel 2023 saranno due ruote a giocarsi la piazza più alta del podio.
SPRINT AL CARDIOPALMA: Difficile arrivare in gruppo dopo più di 200 km di nervosismo puro, 33 cotes sopra il 10%, stradine minuscole un pò asfaltate e un pò ruvide, cambi improvvisi di pendenza, rotondine e rotondone. Eppure per ben due volte abbiamo assistito ad un arrivo abbastanza numeroso, era l’anno 2019, e il più pazzo di tutti Van der Poel si portà a spasso un gruppetto di una decina di uomini e una volta riassorbita la testa della corsa sprintò davanti a tutti, da lì in poi il suo e anche il destino delle due ruote cambiò radicalmente. Anche nel 2015 Michał Kwiatkowski arrivò con un gruppo ben nutrito e nel marasma della volata fu Il più lesto e astuto a prendersi la prima gloria personale.
IN SOLITARIA: Se le mucche e i mulini sono la cartolina su cui il gruppone si inserisce, ci sono alcuni avventurieri delle due ruote che hanno deciso di fare corsa da sé e provare ad anticipare da soli tutti gli altri; stiamo parlando dell’Amstel del 2013. La prima senza l’arrivo in cima al Cauberg, vide la galoppata di Roman Kreuziger partita lontano dal traguardo e conclusa in impresa con un vantaggio di più di una decina di secondi sul resto del gruppo
IL CAUBERG COME TRAMPOLINO: Philippe Gilbert nel 2015 attaccò alla sua maniera a metà ascesa del Cauberg riuscendo a staccare tutti gli altri scalatori, per presentarsi negli ultimi due chilometri con un vantaggio tale da poter tagliare in solitaria e a braccia alzate la linea di arrivo. Simile è stata la tattica di Enrico Gasparotto nel 2016, con un’azione sul tratto più arcigno del Cauberg gli consentì di trovarsi tutto solo in cima, appena finito lo strappo trovò il vuoto attorno a sé ma attese con lucidità il sopraggiungere del danese Valgren per presentarsi insieme agli ultimi 200 m, il resto lo conosciamo tutti, le braccia rivolte al cielo sono ancora da brivido.