Non c’è pace per questo Giro: dopo le innumerevoli cadute, la lotta contro il fantasma del Covid, i ritiri fatiscenti e il meteo vendicativo, si è aggiunto l’accorciamento della tappa di Crans-Montana, discutibile e ampiamente discussa. Si salvi chi può! e a salvarci e salvare la corsa sono arrivati allora in soccorso due statuari, eroici, ammirevoli ” Wonderful losers”: Alessandro De Marchi e Thibaut Pinot.
Non è facile tagliare le linea del traguardo da sconfitti, da secondi, da ultimi, lo sanno bene i nostri due salvatori; aggruppati sui manubri delle loro bici dopo l’arrivo, cercano di riprendere fiato per capire cosa è accaduto, del perché non siano riusciti a partorire l’attesa e tanto agognata vittoria, lo sà bene Alessandro De Marchi detto il rosso di “Buja” che ha deciso di fuggire alle logiche dell’attesa e andare in caccia al successo per ben due volte – dopo essere riuscito ad indossare la Rosa nel 2021 – nella tappa di Napoli, dopo una lunga galoppata insieme a Simon Clarke e il riassorbimento del gruppo ai 200 mt da quella linea che divide l’inferno dal paradiso e viceversa. Sorte diversa per la tappa di Viareggio ma con medesimo epilogo, nella fuga a tre di giornata il friulano ha messo sulla strada tutto ciò che gli era rimasto nel serbatoio, persino quando le gambe erano contrarie e sul rettilineo finale ha tirato e (ri)tirato, sperando, ma sapendo, che anche per questa volta non avrebbe aperto le braccia.
Thibaut Pinot sta affrontano la sua ultima stagione da professionista, il suo ultimo Giro, le ultime salite che più ha amato e che più gli ricordano le imprese dei suoi miti. Nella tappa falcidiata dalle critiche ha deciso di dar battaglia e scuotere la staticità del gruppo, si è letteralmente trascinato a ruota tutto il gruppetto dei fuggitivi e sull’ascesa finale solo altri due sono riusciti a seguirlo; attacco di qui, attacco di là, alla fine ha subito l’ingiustizia dell’altruista, chiudendo al secondo posto.
Le loro emozioni escono dirette senza filtri, senza passare da una macchina della verità, due modi diversi di affrontare la vita e la sconfitta, gli occhi stanchi “frustrati” e gonfi di De Marchi, gli occhiali scuri di Pinot, che nascondono il rossore degli occhi e le valanghe di pianti. Una volta finita questa centrifuga di emozioni la gente non si ricorderò dell’ennesimo semi-sconosciuto Colombiano ciucciaruote, ma si ricorderà di De Marchi e Pinot che hanno cosparso di agonismo e azioni entusiasmanti le tre settimane del Giro, e se dovesse arrivare poi la vittoria per l’uno o per l’altro, sarà ancora più bella, più autentica, più umana. Ma a noi va bene anche così, qualunque sia il loro destino, perché è proprio per questo loro atteggiamento del “dare tutto” e per tutti a renderli più vicini al popolo, più simili a noi tutti, perdenti ma bellissimi.