Una risposta, alla fine, Cordiano Dagnoni è stato costretto a darla. Seppure nei canali ufficiali della FCI incredibilmente ancora non se ne parli, le parole del numero uno del ciclismo italiano sono state affidate all’Ansa: “Nelle ultime ore è tornata all’attenzione dei media il tema della sicurezza. Al posto di sterili polemiche e dichiarazioni a volte fuori luogo preferisco porre l’accento sulle azioni concrete”.
E allora poniamola l’accento sulle azioni concrete. Quali sarebbero? Quali le iniziative messe in campo dalla FCI nell’ultimo quadriennio? Quali le prese di posizione? Quali i provvedimenti adottati?
Il presidente Dagnoni avrebbe aggiunto: “La federazione in questi anni ha più volte posto il problema sul tavolo delle istituzioni del Governo e parte parlamentare e continuerà a farlo, quanto meno fino a quando io sarò presidente. Sono confidente che a breve riusciremo nuovamente a riprendere la discussione in maniera costruttiva. Vorremmo che questo argomento fosse sottratto alla logica della contrapposizione politica”.
Parole, insomma. Promesse, appuntamenti, a breve se ne riparlerà. A breve!?! Si ma quando? E a cosa porterà questa discussione? E, soprattutto, dopo quasi 4 anni di inattività pensa di farlo nei prossimi tre mesi di mandato? Quante morti saranno ancora necessari perchè le cose cambino?
IL PROBLEMA RESTA – Di fronte all’efficacia comunicativa delle otto parole usate da Feltri che, purtroppo, sono andate dritte al punto, Dagnoni si nasconde sperando che lo storico iride ottenuto da Mark Lorenzo Finn faccia calare la nebbia su un problema che, invece, è di primaria importanza.
Lo sentono tale le società e le famiglie che ogni giorno si misurano con il pericolo vissuto sulle strade dai propri ragazzi. Lo avvertono anche i Presidenti Regionali che, nel corso della giornata di ieri, a macchia di leopardo hanno preso posizione.
“Invitiamo chiunque a riflettere sull’importanza di preservare e difendere i diritti e la sicurezza dei ciclisti, che devono essere tutelati in ogni circostanza, rigettando con forza ogni tipo di affermazione che possa incitare alla violenza o al disprezzo” era stato il messaggio diramato dal Comitato Veneto.
“Abbiamo il dovere morale di promuovere il rispetto e la protezione per tutti gli utenti della strada” aveva richiamato la Presidentessa del Comitato di Trento, Giovannina Collanega aggiungendo: “Le dichiarazioni, dunque, non solo offendono la memoria di chi ha perso la vita in incidenti stradali, ma rischiano di promuovere una cultura di disprezzo e superficialità rispetto a un problema reale. Invitiamo Feltri a riflettere sulla responsabilità che una figura pubblica del suo calibro ha nel trattare temi così sensibili. Confidiamo che possa rivedere le sue parole e unirsi al nostro impegno per promuovere una maggiore sicurezza sulle strade, dove il rispetto reciproco e la tutela della vita umana devono essere la priorità assoluta”.
Gli aveva fatto eco anche Massimo Rosso, presidente del Comitato Regionale Piemonte: “Non sono d’accordo su chi dice che Feltri è così, è la parodia di se stesso, perché c’è un limite a tutto anche alle iperbole che molti personaggi utilizzano per il loro tornaconto. Qui abbiamo dei morti, ma soprattutto abbiamo delle madri, dei padri, delle mogli, dei fratelli, delle sorelle e dei figli che piangono ogni giorno una silenziosa strage che si consuma sulle nostre strade. Oggi il Piemonte del ciclismo condanna fermamente le assurde dichiarazioni di Feltri e attende delle scuse perché non si può più tollerare un continuo gioco al massacro”.