Sono le 11 del mattino arriva la chiamata: “Hanno investito Mikkel in allenamento”. Scatta il momento di panico e si intersecano le telefonate. Per chi ha avuto disgrazie mortali in famiglia, sempre con la bicicletta, il sangue si gela letteralmente. Per fortuna nulla di grave. La “solita” disgraziata macchina che investe un corridore in allenamento da solo sul lungolago di Como. Un investimento alle spalle e chi si ferma a soccorrere il corridore in stato di choc.
Il caschetto salva sempre la vita, per molti purtroppo non è stato così per Mikkel, giovane professionista in forza alla Deceuninck Quick Step questa volta si. Qualche botta alle ginocchia, qualche graffio sul viso e un trauma cranico che pochi minuti dopo si fa sentire, con piccole perdite di memoria temporanee. Ma c’è il tempo di chiamare l’amico corridore e chiedere aiuto oltre ai soccorsi, pronti, di qualche passante.
E qui scatta la solidarietà tra corridori. Perché nel ciclismo puoi mandarti a quel paese in volata, puoi darti strattonate sul manubrio o anche pugni in testa ma al momento giusto, se serve, in salita passi la borraccia all’avversario o al compagno che in quel momento si trova in crisi di sete o gli allunghi la barretta o il gel se si trova in crisi di fame. In sella alla bici tutti nemici ma “nemici – amici”, giù dalla sella tutti amici. Il ciclismo è uno spazio, un tempo, un mondo dove i corridori alla fine si vogliono bene, si rispettano, si aiutano. Certamente, la storia sportiva delle due ruote è fatta anche di grandi rivalità, di accuse tradotte in qualche libro di memorie, soprattutto redatti dalla penna di qualche giornalista straniero e in gran parte con corridori stranieri. Gli italiani invece se possono, si aiutano.
Nella caso del danese Mikkel Frolich Honoré la solidarietà è scattata con Davide Orrico, vincitore nel 2016 del titolo italiano élite su strada, ora corridore con la continental austriaca Vorarlber Santic. I corridori stranieri in Italia hanno sempre trovato casa e famiglia e tanta gente che ha sempre voluto loro bene. Un po’ come accade nel rugby. Ciclismo e Rugby sport accomunati da solidarietà e amicizia tra atleti, che scatta nel momento dell’attività e si mantiene a distanza di anni, anche fuori dal campo di gara. Nel campo di gara, che sia salita o volta o nel campo di gioco, lo scontro a volte è pensante ma il condividere fatica, dolori, botte e magari salite fatte forte, diventano il collante delle amicizie. Poi c’è sempre chi magari è un pò più fortunato di altri a trovare contratti, chi invece meno. Ma spesso le invidie non scattano, su tutte vale l’amicizia.
Il ciclismo è l’unico sport che ha creato la figura del campione, del capitano e del gregario. Chi ha la testa e chi ha le gambe. Insieme fanno amicizia. La telefonata arriva a Orrico mentre si trova a Milano. Da lì scatta la corsa a Como e il soccorso all’amico sulla strada. Poi la “corsa” in Pronto Soccorso, gli accertamenti in ospedale e infine la solidarietà totale: “Mica posso lasciare a casa da solo un ragazzo che è stato investito e ha bisogno di cure per almeno due giorni”.
Ed ecco fatta la valigia e il trasferimento in altra casa. I corridori fanno vita di ritiro e di gare insieme per mesi. Spesso in simbiosi. Ospitarne uno a casa non fa differenza. Cuore di corridore. E nei corridori il cuore è sempre grande. Succede che fra atleti ci si medichino le ferite causate da cadute, ci si aiuti, ci si sostenga anche moralmente. Poi non importa della nazionalità, non importa il tesserino e nemmeno il colore della pelle. “Sei corridori come me e adesso hai bisogno di aiuto e io ci sono”. Davide Orrico, corridore dal cuore d’oro. Un insegnamento per tanti. Il ciclismo alla fine è soprattutto amicizia.