Una gara di solidarietà. Quella scattata ieri sera tra Andrea Vendrame e Sacha Modolo a favore della Protezione Civile di Conegliano: “Abbiamo messo all’asta le nostre maglie dei team professionistici per i quali siamo tesserati – racconta il corridore della Ag2r -. Pedaliamo sui rulli in questo periodo, ci riposiamo, leggiamo, altro non si può fare in attesa del fatidico 4 maggio quando, si spera, potremo tornare ad allenarci”.
SOLIDARIETA’ A PEDALI – Una iniziativa benefica a favore appunto della protezione civile di Conegliano con un’asta che terminerà il prossimo primo maggio. “E’ stato Alberto Stocco di Ca’ del Poggio a lanciare con noi questa asta, alla quale spero in tanti possano partecipare. Proprio perché siamo atleti dobbiamo contribuire anche noi a fare del bene per la società”.
Andrea Vendrame era stato uno degli ultimi corridori ad allenarsi sulle strade trevigiane, fino allo stop totale imposto a livello governativo: “E che fatica allenarmi. Macchine in continuo che mi suonavano perché gli automobilisti mi vedevano in bicicletta. E mi insultavano. Le forze dell’ordine che mi fermavano e dovevo ad ogni piè sospinto mostrare documenti, autocertificazione e dimostrare appunto che sono un professionista e che il mio strumento di lavoro è la bicicletta”.
PRONTI ALL’ESILIO – Buone notizie sono attese da Roma. La fase 2, quella della ripartenza potrebbe essere proprio scandita dall’uso della bicicletta, promossa da Vittorio Colao, numero uno di Vodafone, cicloamatore e tesserato Fci.
“Siamo davvero stanchi. Tutti noi corridori italiani – continua Andrea Vendrame -. E’ pesante per il nostro lavoro rimanere fermi. E se la quarantena dovesse protrarsi ho sentito i colleghi italiani e più di qualcuno vorrebbe andare all’estero ad allenarsi”.
Insomma la disobbedienza civile del ciclismo, quello professionistico potrebbe passare per l’abbandono dell’Italia. “Esilio” sarebbe stato chiamato in altre epoche. Nel nostro Paese ci sono regole troppo stringenti. In altri, specie nel Nord Europa, nonostante permanga l’emergenza, i professionisti continuano ad allenarsi. E il mondo ha riaperto i battenti. Perché è fondamentale mantenere in salute il proprio corpo. Fatti due conti, visto che nel ciclismo molti corridori italiani hanno la residenza all’estero, da Andorra al Principato di Monaco, Svizzera, Slovenia, Croazia ed altri Paesi, più di qualcuno ha pensato di prendere armi e bagagli, caricare la bici in macchina e salutare il suolo tricolore. “Più di qualcuno mi ha confermato questa idea. Si prende un appartamento in affitto, ci si fa la quarantena li, ma dopo due settimane almeno si può tornare in bicicletta”.
Allenamento, libertà salute, in attesa che ripartano le gare. Ma all’estero, fuori dai confini azzurri. Possibile che solo in Italia il ciclismo non sia capace di farsi valere nelle stanze dei bottoni e che non sia possibile sviluppare uno studio serio che consenta di valutare seriamente il rischio e permetta di adottare i provvedimenti del caso?