Ci scuserete. Non abbiamo festeggiato la “Giornata della Bicicletta”. L’abbiamo volutamente ignorata. Non abbiamo dato spazio a promozioni commerciali, sermoni dedicati all’uso delle due ruote, ai numeri raggiunti dalle vendite di biciclette e non abbiamo parlato dei mirabolanti progetti di governi, ministeri, politici senza portafoglio e federazioni.
In un Paese in cui le rose si regalano solo il 14 febbraio e i crisantemi si portano al cimitero solo il 1° novembre, da buoni amanti del mondo del pedale abbiamo voluto andare contro corrente. Non è stata una scelta narcisistica, ma la decisione di una redazione per cui ogni giorno è il “giorno della bicicletta“.
Una redazione di uomini e donne abituati a parlare di ciclismo, a confrontarsi e a scontrarsi sui temi legati alle due ruote. Un gruppo di lavoro per cui non è accettabile che chi pedala sulle strade italiane sia costretto a rischiare la vita: al netto di bonus bicicletta, disegni di legge e campagne informative, non si è fatto ancora nulla di concreto perchè il massacro di chi pedala venga interrotto. In Italia, di bicicletta, si muore. Solo un cuore grande e una passione immensa di mamme, papà e dirigenti senza tempo consentono a tanti ragazzini di cimentarsi ancora oggi in sella alla propria bicicletta su strade sempre meno sicure, sempre più popolate da autisti-killer e da ostacoli assassini. Se si usasse solo la razionalità verrebbe da dire: fermatevi tutti, dedicatevi ad uno sport più sicuro, smettetela di organizzare gare dove si rischia la vita.
Il lockdown ci ha regalato l’occasione di ripensare al modello di ciclismo e di mobilità che vogliamo adottare per il futuro ma, anche questa volta, poco o nulla si è fatto: è stato istituito il bonus per acquistare una bici nuova (e nemmeno per tutti…) ma non si è arrivati ad adottare alcun nuovo provvedimento per la sicurezza di chi pedala ogni giorno. Che sia per andare al lavoro o per allenarsi o per gareggiare.
Servono regole certe per chi organizza e garanzie di sicurezza per chi si mette casco e scarpini. Servono infrastrutture come percorsi ciclistici e ciclodromi ma serve anche una svolta nella cultura nazionale perchè le strade devono tornare ad essere lo spazio di tutti: di chi usa il camion, di chi va in macchina ma anche di chi sceglie di pedalare o di andare a piedi.
Oggi, in Italia, così non è ancora e per questo, da giornalisti, appassionati e addetti ai lavori non abbiamo nessun motivo per festeggiare o celebrare una “Giornata della bicicletta”.
L’augurio che vogliamo fare al nostro Paese è che non serva una “Giornata della bicicletta” per ricordarci la bellezza e l’importanza del pedalare ma che ogni mattina, alzandoci, possiamo essere consapevoli che sta per iniziare un nuovo giorno nel quale ci sia spazio anche per la bicicletta.