Questa domenica il giro si conclude con la consueta cronometro finale, non sempre però sul traguardo di Milano abbiamo assistito ad una prova contro le lancette. Negli ultimi 10 anni su 5 volte che Milano ha ospitato la passerella finale per ben quattro volte gli organizzatori hanno scelto di far disputare ai corridori una prova contro il tempo, solo una volta è toccata alle ruote veloci.
Le ragioni principali sono due, la prima di natura prettamente sportiva, di fatto inserendo una crono all’ultimo giorno ne giova lo spettacolo e l’incertezza della gara, vedasi il duello finale dello scorso anno tra Tao Geoghegan Hart e Jai Hindley, i quali erano divisi da pochissimi secondi alla partenza della crono, con il britannico che è riuscito a ribaltare le posizioni, aggiudicandosi così la rosa.
La seconda ragione tocca il tema della sicurezza e dell’incolumità degli atleti, più volte quando il giro è arrivato a Milano i corridori hanno espresso un certo dissenso per il disegno del percorso meneghino (presenza di manto stradale disconnesso, il classico pavé milanese non uniforme, transenne non ancorate correttamente e pubblico presente sul ciglio della strada poco avvezzo alle due ruote) celebre furono le proteste del 2009 quando i ciclisti si fermarono poiché reputarono il circuito pericoloso, e furono così neutralizzati praticamente i sei giri previsti nel centro di Milano.
Di Luca portavoce di quel Giro commentò: “Chiediamo scusa al pubblico ma oggi non ce la sentiamo di rischiare, perché il circuito è troppo pericoloso. Continuiamo la tappa, ma non ce la sentiamo di spingere a tutta”. Quest’anno purtroppo molti velocisti hanno abbandonato la corsa anzitempo sapendo proprio che nell’ultima settimana e soprattutto a Milano non ci sarebbe stata tappa congeniale alle loro caratteristiche.
L’ultima volta che Milano ha ospitato un arrivo di gruppo, o almeno così era in previsione fu nel 2015, si correva la Torino – Milano di 178 km, Iljo Keisse con la maglia della Quick – Step riuscì nel finale ad allungare sul gruppo e guadagnare quei pochi secondi che gli permisero di arrivare al traguardo insieme all’australiano Luke Durbridge, bruciato nello sprint ristretto. Il belga con un passato da pistard e ottime doti da passista, commentò così la sua più bella e inaspettata vittoria da professionista: “Abbiamo pensato ad una sorta di piano per cercare di fare qualcosa nella curva finale, io sono un pistard e so tirare le curve abbastanza bene, poi ho visto che c’era un po’ di esitazione all’inizio del circuito, quindi ho attaccato, ho trovato un ottimo compagno di fuga e quando mi hanno detto che avevamo trenta secondi ho capito che saremmo arrivati, E’ la mia vittoria più bella di sempre, sono davvero felice”.
Quest’anno l’ex pistard è ancora dei nostri e a 38 anni si appresta a concludere l’ennesimo e forse suo ultimo Giro d’Italia, difficile che riesca a compiere un’altra fagianta, visto il tipo di prova, ma sicuramente l’atmosfera e le strade di Milano gli ricorderanno quell’allungo che fece sei anni fa quando ancora il giro si concludeva con un arrivo di massa, o quasi…