Davide Formolo, Vincenzo Nibali, Davide Ballerini, Mattia Cattaneo, Daniel Oss, Jacopo Guarnieri, Kristian Sbaragli, Sonny Colbrelli e Lorenzo Rota. Sono questi i nove italiani che hanno preso il via del Tour de France 2021. Fino ad un paio di anni fa sarebbero stati gli effettivi di una squadra World Tour italiana al completo. Si tratta di un record negativo, lo scorso anno ad esempio eravamo in 15, che pur non arrivando ai 61 del 1996 rimaneva comunque un numero accettabile. Se andremo avanti di questo passo rischiamo fortemente di avere solo una manciata di uomini al via.
Ma, quali sono i motivi di questa crisi irreversibile?
Difficile fare un elenco esaustivo ed oggettivo, il problema è certamente complesso e le facili soluzioni rischiano di essere solo un abbaglio. Ma proviamo ad elencare alcuni punti.
1. Giro VS Tour: noi italiani abbiamo sempre dato maggiore attenzione alla corsa di casa, soprattutto negli ultimi anni. Quest’anno i corridori italiani che sono andati forte al Giro, vedasi Caruso, Bettiol, Ganna, Moscon, Nizzolo, Cimolai e Affini, non sono presenti alla Grande Boucle.
2. Assenza di una squadra World Tour: è dal 2016 che non ne abbiamo una. L’ultima fu la Lampre, un fattore che influisce enormemente sul numero di partecipanti italiani che si presentano al via delle corse più prestigiose. Avere un team World Tour italiano significherebbe far approdare con maggior facilità i nostri atleti nel massimo circuito ciclistico mondiale. Volete un esempio?
La Movistar: il team spagnolo che ha come DS Eusebio Unzue ha portato al Tour ben sette corridori su otto di matrice spagnola, il solo Miguel Angel Lopez è “straniero”. La Groupama (Francia) ha 4 Francesi su 8, La Lotto-Soudal (Belgio) ha 5 Belgi su 8. Esempi lampanti che valorizzano la tesi di quanto potrebbe essere utile un Team nazionale.
3. Globalizzazione, il caso Danimarca: è vero ormai che, ad esclusione della Movistar, e delle Professional Francesi, gli altri team hanno subito la provenienza dei ciclisti da tutti gli angoli del mondo. La piccola Danimarca però va in controtendenza, pur non avendo squadre ai massimi livelli, ha una rappresentanza di ben 11 atleti alla Grande Boucle, due piu di noi e ogni anno il numero aumenta. Hanno prospetti di assoluto spessore: Casper Pedersen, Soren Kragh Andersen, Jonas Vingegaard, Kasper Asgreen solo per citarne alcuni. Si sa in Danimarca le persone usano il mezzo bicicletta per raggiungere il luogo di lavoro e le principali strade nazionali e regionali hanno quasi sempre una corsia ciclabile laterale, a volte una vera e propria pista separata dalla strada motorizzata, senza dimenticarci che sono stati il primo paese ad aver introdotto nel 1993 un sistema unificato di segnaletica ciclabile, e noi a che punto siamo?
4. Ricambio Generazionale? All’orizzonte è difficile trovare un dopo: NIbali, Cattaneo, Oss, Guarnieri, Sbaragli, Colbrelli solo per citare quelli che sono al via di questa edizione del Tour e che hanno già davanti il 3 nella carta d’Identità. Di questo passo è molto concreta l’ipotesi di rimanere con due o tre corridori al via per i prossimi anni. Senza dimenticare la non più giovanissima età di Caruso, Nizzolo e Cimolai assenti giustificati al Tour. Un movimento giovanile ampio come quello italiano fatica a far crescere dei giovani campioni. Sembra un paradosso ma, purtroppo, è questa la strada che l’Italia ha imboccato da diversi anni: numeri piuttosto ampi (anche se in calo pure lì) alla base e pochi frutti. Come un albero dalle radici che si stanno rinsecchendo dal quale continuano a cadere, inesorabilmente, una alla volta tutte le foglie.