Ciò che tutto il mondo sta vivendo in questi giorni è un salto indietro nella storia. Si è tornati a parlare di bombe atomiche, di guerra e di contrapposizione tra Russia e Nato. Incubi che sembravano ormai appartenere solo ad un passato lontano sono tornati ad essere più attuali.
Una situazione nella quale lo sport ha il dovere di farsi interprete di un necessario messaggio di distensione, di pace e di unione tra i popoli. La sana rivalità che si respira in gruppo deve continuare ad essere l’unica valvola di sfogo legittima di tensioni internazionali che non possono e non devono essere risolte con il ricorso alle armi.
Queste sono le ore in cui la diplomazia deve svolgere il proprio ruolo primario per riportare alla ragionevolezza tutte le parti coinvolte. Gli ultimatum servono a ben poco così come le sanzioni: chi vuole la guerra le aveva già messe in conto ancor prima di sparare il primo colpo di cannone. Ecco perchè le decisioni assunte dall’UCI nei confronti del ciclismo russo non sortiranno alcun effetto positivo per la soluzione della crisi tra Russia e Ucraina ed, anzi, rischiano di marcare ancora di più la distanza tra i popoli.
Cancellare il ciclismo russo dallo scacchiere internazionale servirà solo ai perbenisti per sentirsi in pace con il proprio ego ma non aggiungerà nemmeno un mattone alla costruzione di un ponte di pace tra le nazioni. Togliere il nome Gazprom o la bandiera russa dalla lista iscritti delle gare ciclistiche non sposterà nemmeno di un millimetro la posizione assunta da Putin; creare rapporti umani con il popolo russo anche attraverso il ciclismo, invece, darebbe vita ad una coscienza e ad una opinione popolare che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale anche Paesi nei quali la democrazia sembra essere stata messa da parte.
Questo non è il momento di distruggere, questo è il giorno in cui serve ricostruire rapporti sociali e umani tra i popoli. Questo è il momento in cui Russi e Ucraini, insieme agli sportivi di tutto il mondo, dovrebbero tornare ad avvicinarsi in sella ad una bici o attorno ad un pallone abbandonando fucili, bombe e carri armati.
Costruire la pace, oggi, significa parlare di sport e di ciclismo. Per il bene di tutti continuiamo a farlo, con umanità.