Il grande spettacolo al Giro d’Italia si è fatto decisamente desiderare, in questo primo terzo di cavalcata verso Roma abbiamo vissuto di emozioni solo in parte sfiorate e limitate nel tempo, poi grazie all’azione nell’ottava tappa dello sloveno Primoz Roglic abbiamo potuto assaggiare qualche sprazzo di fantasia e puro agonismo. Il perché di questa settimana “bloccata” va ricercata sotto più forme e punti di analisi, sappiamo come siano i corridori a “fare la corsa” e a dare libera interpretazione anche a tappe piatte di trasferimento o tappe tecniche che si prestano a colpi di inventiva; in questo primo spezzone di corsa rosa non sono però solo i corridori i veri colpevoli e complici di questo imbrigliamento tattico, anche e soprattutto il disegno della settimana non ha aiutano a vincere la monotonia.
PRIME TAPPE, QUALCHE MURO AVREBBE FATTO COMODO!
La bellissima cronometro iniziale lungo la ciclovia dei trabocchi ha detto una cosa sola, il dominio netto del campione del mondo Remco Evenepoel che ha inflitto più di quaranta secondi al suoi diretti avversari, creando così nelle successive frazioni immobilismo e staticità. Le tappe successive sono state pensate non tenendo conto del distacco monstre effettivamente avuto. L’organizzazione ha dato spazio così alle ruote veloci, anche se avrebbe dovuto e potuto indurire il percorso fin dalla seconda o terza tappa, magari con qualche bel muro appenninico così da dare la possibilità ai Roglic e tutti gli altri sconfitti di ridurre il gap dal Belga.
TAPPE TROPPO LUNGHE?
il dibattito sulla lunghezza eccessiva delle tappe nella prima settimana si è già consumato ampiamente, chi sostiene che sia giusto che si sviluppino lunghi chilometraggi (sopra i 200 km) e chi invece vorrebbe contenere le tappe considerate di trasferimento ad un chilometraggio più limitato (130 -150 Km), sperando che la miccia della corse si accendi più rapidamente. Il lungo viaggiare del gruppo per ore ed ore non è un gran bel vedere, soprattutto sapendo dell’epilogo pressochè scontato della volata e allora si che potrebbe essere più efficace far durare meno le tappe piane e allungare piuttosto quelle intermedie contraddistinte da diversi saliscendi, ne è un esempio la tappa Piemontese dello scorso anno (Santena – Torino). Questo non vuol dire che bisogna eliminare le tappe destinate ai velocisti, le quali hanno da sempre rappresentato l’anima e il collante tra le giornate di gara, ma piuttosto inserirle omogeneamente lungo le tre settimane.
IL PRIMO E DIMENTICABILE ARRIVO IN SALITA, DOVE SONO I BIG?
Mai come quest’anno il primo arrivo in salita è stato un flop senza precedenti, molti hanno incolpato il vento contrario presente lungo tutta l’ascesa finale verso Campo Imperatore come l’avversario che non permetteva di fare la differenza, ma qualcun’altro in gruppo sostiene invece che è stata la paura il vero fattore di immobilismo. La mancanza di coraggio non ha permesso ai team dei favoriti per la classifica generale di imbastire un’azione decisa quantomeno negli ultimi 5 chilometri finali, così da iniziare a sondare le certezze della Soudal – Quick step e del suo leader.
E ALLA FINE ARRIVA PRIMOZ!
Quando tutto sembrava destinato a prendere una piega classica: fuga che arriva e il gruppo dei big che si gioca le posizioni in una volata ristretta, arriva Primoz Roglic che riaccende il cuore dei tifosi e la lotta alla maglia rosa. Allungo feroce e incessante lungo le pendici finale del muro dei cappuccini, si toglie di ruota tutto ciò che era rimasto del gruppetto, in precedenza messo alla frusta dai suoi fidi gregari, per poi essere raggiunto in cima allo scollinamento solo dalla coppia della Ineos composta da Geraint Thomas e Tao Geoghegan Hart. Con complicità il trio taglia la linea finale con un vantaggio di 14″ sul resto dei favoriti e sul campione del mondo Remco Evenepoel che prende la prima battuta di arresto.