La prima notizia è che il Covid-19 fa volare in bicicletta. Lo dimostra la domenica di Remco Evenepoel: nel pomeriggio brillante vincitore della Savignano-Cesena, nuova maglia rosa, e, in serata, positivo al Covid-19.
Se voleste la controprova c’è pure la prestazione di Filippo Ganna, secondo nella crono d’apertura della corsa rosa, prima che il Campione Olimpico-Mondiale-Italiano si ritirasse sempre per Covid-19.
Un pò di ironia ci sta dopo aver visto un susseguirsi di defezioni dalla “corsa più dura del mondo nel Paese più bello del mondo” (come recitava un vecchio claim del Giro) se non fosse che il problema inizia a farsi serio e pesante.
REMCO E QUEI TAMPONI – L’abbandono di Remco Evenepoel dal Giro d’Italia colpisce e deve far riflettere. Innanzitutto perchè, è bene chiarirlo, non c’è nessun protocollo dell’UCI o degli organizzatori ad imporre l’effettuazione dei tamponi anti-covid. In questo il ciclismo, però, si conferma ancora una volta uno sport arretrato e privo di buon senso: se tutto il mondo ormai non si preoccupa più del Covid (e mica perchè non esiste, ma perchè ormai ha perso la propria forza virale) perchè dovrebbero farlo le squadre World Tour?
Eppure, proprio i tamponi positivi, sono stati “la scusa” per sommare abbandoni eccellenti sino a ieri sera quando a salutare la corsa è stata addirittura la maglia rosa. Perchè RCS Sport, il numero uno degli organizzatori italiani, non ha concordato prima del via un protocollo con tutti i team? Perchè viene lasciata mano libera in tutto questo alle squadre?
Riguardo ad Evenepoel e ai (reali) motivi del suo ritiro si potrebbe aprire un ricco capitolo fatto di ipotesi e dietrologie ma, per il momento, accontentiamoci del tampone anti-covid positivo.
Ciò su cui bisogna riflettere è il motivo per cui il numero uno del ciclismo mondiale, mentre si trova al comando della classifica e dopo aver già vinto due tappe, sceglie di andarsene dalla corsa rosa. Che il Giro d’Italia abbia, negli anni, perso il proprio appeal è ormai assodato. Che ASO abbia certificato il sorpasso da parte della Vuelta nei confronti della corsa italiana è altrettanto, purtroppo, chiaro. Che la stessa Gazzetta dello Sport snobbi il Giro d’Italia in favore di una Serie A nella quale i verdetti sono già scritti da settimane, è un altro sintomo di quanto la corsa rosa interessi ben poco allo stesso gruppo che dovrebbe esaltarla.
ITALIA: PESO SPECIFICO ZERO – Ebbene al netto di tutte queste, amare, considerazioni, bisogna fare i conti con il peso specifico del ciclismo italiano e della sua corsa più rappresentativa a livello internazionale. Il Giro e RCS Sport, ahimè, non hanno più lo stesso fascino degli anni migliori: merito di politiche rivolte soprattutto alla volontà di “fare business” che negli anni hanno portato allo svilimento del tasso tecnico, della qualità di percorsi, dei partecipanti e della comunicazione. Un problema che non scopriamo oggi ma che l’abbandono di Remco ha reso eclatante.
A livello internazionale, insomma, oltre ad essere isolato il ciclismo italiano e RCS Sport non godono della considerazione che un Paese dalla grande tradizione ciclistica come il nostro meriterebbero. E’ sufficiente vedere quanto accade nella redazione dei calendari UCI, dove ASO ha mano libera mentre agli organizzatori italiani non resta che inventarsi, ogni volta, delle soluzioni alternative.
UNDER 23 E DONNE, QUALE FUTURO? – Il fatto poi che la FCI abbia scelto di affidare alla stessa RCS Sport, per un quinquennio, anche l’organizzazione del Giro Donne e del Giro U23, apre ulteriori interrogativi sulla lungimiranza e sull’opportunità di una scelta di questo tipo. Queste due manifestazioni, infatti, nel loro “piccolo” rappresentano oggi, grazie al lavoro dei precedenti organizzatori, i punti di riferimento per le rispettive categorie in tema di gare a tappe. L’averle viste affidare nel corso dell’inverno con un bando scritto ad hoc per RCS Sport, senza la possibilità di assistere ad una gara “vera” tra diverse compagini interessate non fa che alzare il livello della preoccupazione di sportivi ed appassionati.
La speranza, a questo punto, è che RCS Sport non applichi al Giro Donne 2024 e al Giro U23 2023, lo stesso “modello di business” utilizzato per il Giro d’Italia, altrimenti, potremmo essere destinati ad assistere, anche in questo campo, a dei sorpassi imbarazzanti…