I Campionati Europei su pista di Apeldoorn hanno offerto all’Italia l’occasione per conquistare risultati preziosi in vista delle Olimpiadi di Parigi. Medaglie che sono state salutate con un certo trionfalismo dal Presidente della FCI Cordiano Dagnoni che in questi anni ha fatto delle imprese azzurre il proprio vanto. Sul tema è intervenuto Sandro Callari, ex CT azzurro di lungo corso, oggi osservatore del movimento ciclistico italiano, e le sue parole non sono passate inosservate.
“Tanti anni fa, era il 1977, eravamo fermi a La Fria (Venezuela) in un piccolo aeroporto, stavamo aspettando il torpedone che ci avrebbe portato a San Cristobal, là si sarebbero svolti i campionati mondiali della pista, successivamente ci furono i mondiali strada vinti da Claudio Corti tra i dilettanti e da Francesco Moser tra i professionisti. Io, nell’attesa dell’arrivo del torpedone, ero seduto sulle seggiole di questo minuscolo aeroporto ed ho avuto il privilegio di avere al mio fianco il Presidentissimo Adriano Rodoni. Lo conoscevo dal 1964 in federazione, ma averlo a fianco incuteva timore e rispetto. Poco distante c’era anche il Segretazio Generale, il “mitico Richelieu”, per la cronaca Giuliano Pacciarelli. Il gotha mondiale del ciclismo. Questi eravamo noi italiani! Conversando con il presidentissimo improvvisamente mi fece una domanda: “cosa pensi sia più importante una squadra che vince titoli olimpici e mondiali con i suoi corridori o una società che detiene nell’assemblea elettiva un voto?” Ingenuamente risposi che la società che vince titoli olimpici e/o mondiali gode di grande importanza! Mi rispose: “errore! La società con un voto può cambiare il destino della federazione”. Fu una grande lezione di vita” questo il racconto di Sandro Callari.
Cosa ci insegnano oggi, a distanza di così tanti anni, quelle parole di Rodoni?
“Ho raccontato questa esperienza perché non dobbiamo fermarci ad analizzare con viva felicità il medagliere degli ultimi Campionati Europei della pista svoltisi in Olanda nei giorni scorsi. L’Italia è sesta nel medagliere, con 2 ori e 4 bronzi; salvo l’oro dell’inseguimento a squadre femminile e il bronzo dell’inseguimento a squadre maschile le altre medaglie non fanno parte del cartello dei giochi olimpici!! E, ripeto ancora una volta, questi risultati sono la panacea di un disastro annunciato che si concluderà ai giochi olimpici di Parigi.
Il mio messaggio vuole essere uno stimolo, un invito al ragionamento su come ci dovremo muovere a breve per poter ribaltare situazioni che viste oggi sono drammatiche. L’invito è esteso a tutti coloro che hanno a cuore le sorti del nostro ciclismo e soprattutto il bene dei nostri ragazzi. Non ci sono gare, non c’è organizzazione, non c’è alcun aiuto alle squadre, la nuova riforma dello sport sta affossando decine di società, non c’è uno straccio di programmazione, non ci sono squadre nuove che fanno attività di base, e potrei continuare ancora. Non c’è un team di persone alle quali sia stato dato un mandato che abbia espresso la volontà di apportare cambiamenti, programmi, innovazioni. Niente di niente. Ma la cosa più importante, l’architrave dell’attività, sono gli aspetti economici: di soldi ne sono già stati consumati molti, oltre a quanto Di Rocco aveva lasciato in cassa. Soldi che nell’immediato futuro, per intenderci, serviranno per la preparazione olimpica ma non ne avremo a sufficienza!! E’ drammatico questo aspetto!!”.
Eppure i finanziamenti di Sport e Salute hanno sostanzialmente confermato, con un piccolo incremento, le somme dello scorso anno…
“Sport e Salute ha escluso la federazione dai maggiori finanziamenti, ci ha relegato all’ottavo posto nell’assegnazione dei finanziamenti; ha assegnato alla ciclistica l’1,96% in più (su circa 9 e rotti milioni), ci hanno dato circa 959 mila euro in più rispetto alla somma data lo scorso anno; Sport e Salute ha dichiarato che nell’assegnazione dei fondi ha osservato nuovi criteri, che oltre ai risultati premiano la performance organizzativa, l’efficacia gestionale ed il ritorno sul piano promozionale. Indubbiamente i vertici dello sport italiano hanno ritenuto questa federazione o, più propriamente, questo Consiglio Federale inefficiente, inconcludente, al quale non si possono dare soldi. Mi domando, cosa faranno i nostri atleti per la preparazione dei prossimi giochi olimpici? Mi domando, cosa faranno le società di giovanissimi, di esordienti, di allievi, ove tutta l’attività si basava sul volontariato ed oggi improvvisamente se vogliono provare ad esistere devono trasformarsi in vere e proprie aziende? Dove erano gli esperti della federazione quando il vertice apicale ha presentato alle federazioni di questa nuova legge e non hanno spiccicato parola? Dove sono i ricchi comunicatori della Fci che non producono uno straccio di comunicato che avrebbe permesso di poter prendere una posizione nel merito del nuovo decreto legge? Silenzio di tomba!
È l’unica cosa che si percepisce. Un silenzio tombale, questo sarà il ciclismo italiano se tutti noi, dai più piccoli ai più grandi non ci opporremo a questo continuo disastro. Ricordiamo la lezione del previdentissimo Adriano Rodoni, le vittorie fine a se stesse sono importanti per gli atleti; gli uomini che dirigono, organizzano e programmano le attività politiche e tecniche sono come il sangue nelle vene di un uomo. Impegniamoci tutti per una nuova federazione che sappia affrontare una ineludibile totale rivoluzione culturale”.
Un giudizio netto il suo. Ma il ciclismo italiano sta davvero così male?
“Questa analisi mi riempie di rabbia calma, perché vedo che in questi ultimi due-tre anni abbiamo buttato via un grande patrimonio. Ho avuto la fortuna di vivere stagioni straordinarie, ho accumulato tanta esperienza che mi porto dietro. Soprattutto ho avuto il privilegio di conoscere gente onesta con un amore sconfinato per il ciclismo. E ora, invece, siamo qui a leccarci le ferite che diventeranno inguaribili se non le medichiamo per bene. Non si possono più sopportare questi comportamenti da chi dovrebbe essere di esempio per i giovani ciclisti (leggasi Fci). Sento che è arrivato il momento di lanciare un manifesto, anzi il manifesto, di una futura e futuribile Fci, di un ciclismo che deve venire alla luce rifondato, di un movimento che si riconosca in nuovi modelli targati 2030, 2040…. E non obsoleti e fatiscenti come quelli che vediamo. Parlo di uomini nuovi, i latini parlavano di “homo novus” come di colui che avrebbe rivoltato il mondo precedente, in ogni aspetto politico, etico, sportivo e sociale.
Parlo di nuove strategie, metto in guardia dall’esaltarsi per una manciata di medaglie di latta. E potrei continuare…”
Ma cosa possono fare i tesserati? Cosa vuole fare Sandro Callari?
“Voglio dire a tutti che con questo manifesto sono sceso in campo ma non come un candidato ad una futura carica. Non è di mio interesse. Nemici e, ahimè, amici interpreteranno questo sfogo come una mia discesa in campo ma non è così. Ho seguito il mio temperamento, il mio cuore, i miei principi. Ora aspetto le reazioni, che ufficialmente saranno tiepide o insignificanti, ma che ufficiosamente hanno aperto una enorme discussione sul chi, come, quando, e perchè della FCI. Ogni società ha almeno un voto, prima di assegnarlo ad un dirigente piuttosto che ad un altro ci pensi bene, perchè dopo questo disastro, stavolta ne va della sopravvivenza del nostro ciclismo italiano nel prossimo futuro”.