“Direi che questa stagione è andata abbastanza bene, anche se, forse, mi aspettavo qualcosa di più.” Uno sguardo al passato, un occhio al presente e la testa già proiettata al futuro. L’accento romano risuona inconfondibile mentre Valerio Conti ripercorre, passo dopo passo e pedalata dopo pedalata, il suo 2015: un anno – il secondo in casacca Lampre Merida – in cui il talentuoso atleta laziale classe 1993 ha saputo mettersi nuovamente in luce nella massima categoria, rispondendo alle “noie” dettate da qualche problema fisico con le braccia alzate verso il cielo, facendo esplodere la caparbietà e le qualità di chi la vittoria la vuole e la sa conquistare.
Valerio, problema al ginocchio, una brutta caduta. La prima parte di stagione non è stata facilissima.
“Prima del Giro d’Italia ho avuto il ‘solito’ problema al ginocchio e, così, ho dovuto rinunciare alla Corsa Rosa. Prima della Vuelta a Espana, invece, la mia condizione era davvero buona, ma la sfortuna ci ha messo lo zampino: sono andato in Brasile con la Nazionale per il test event di Rio 2016 e nel finale di gara, mentre mi trovavo davanti, sono caduto nell’ultima discesa lasciando parecchia pelle sull’asfalto. Appena tornato sono andato direttamente alla Vuelta, senza poter recuperare, anche se a quel punto la mia partenza era incerta. Ma, se non fossi partito, la mia stagione sarebbe praticamente finita lì. Pensavo di non riuscire a superare la prima settimana e invece…Non fare il Giro d’Italia mi è sicuramente dispiaciuto, ma il problema al ginocchio ora è risolto al cento per cento! Nel ciclismo non è come nel calcio, dove si vive partita per partita. Qui, se sei anche solo all’ottanta per cento non te la cavi!”
Grinta e talento. E seconda vittoria. Dopo il Beghelli l’anno scorso, quest’anno ha festeggiato al Tour of Japan.
“Si, è arrivata la vittoria in Giappone. Era la terza volta che ci andavo e l’obiettivo era far bene. Sono riuscito ad andare forte in tutte le tappe e, nel tappone – la sesta frazione, con partenza e arrivo a Izu, ndr – ho dato tutto e ho vinto. Una giornata massacrante: su e giù continuamente, per oltre 4500 metri di dislivello concentrati in 120 chilometri! Poi ce l’ho fatta anche a fare un bel finale di stagione. Nella seconda metà dell’anno se si rimane concentrati si possono raccogliere dei buoni frutti. Le vittorie portano sempre morale, specialmente se il livello è alto. Anche lì in Giappone, giù la bandierina e via ‘a tutta’!”
A gennaio inizierà la terza stagione in Lampre Merida. Il “bello” e il “brutto” di essere un ciclista?
“Il bello di essere un professionista in una squadra di questo livello è che si impara tantissimo. Si imparano in fretta cose che, altrove, richiederebbero molto più tempo. Bisogna fare tesoro di tutto ciò che si può apprendere stando in formazioni così. Bello è anche il fatto di poter decidere da soli cosa fare. Nei dilettanti, dal punto di vista della preparazione e dell’allenamento sei vincolato a quello che ti dicono. Ora sei naturalmente seguito e indirizzato, ma ti puoi gestire. Il brutto – per modo di dire, ovviamente – è che si sta a casa poco e bisogna fare la valigia in continuazione. Quando devo preparare i bagagli mi prende male. E’ una cosa che odio. Sarà perché sono un disordinato. E, in quei momenti, penso che la cosa più ‘facile’ per un ciclista sia mettersi in bici e fare la gara!”
Età da Under23, carattere da…professionista! Quando militava nelle categorie giovanili si aspettava di trovarsi qui, oggi, in una squadra World Tour?
“Quando vai in bici, in fondo al cuore speri sempre di passare. Io ho iniziato a pensare seriamente al professionismo da juniores secondo anno. Poi, dopo i due anni in Mastromarco, ho fatto il salto! Nella Lampre Merida mi trovo bene con tutti. Sia con i compagni di squadra, che con lo staff. Ho legato molto con Niccolò Bonifazio – coetaneo che, nel nuovo anno, passerà alla Trek, ndr – e con Mattia Cattaneo, con cui ho trascorso tanti giorni in camera insieme. Una bella persona.”
Tornando al presente: archiviate le corse, come si svolge la sua preparazione in vista delle nuove sfide?
“Dopo che ho concluso l’ultima gara della stagione per un mese in bici vado e non vado. Trascorso questo periodo di ‘recupero’ ricomincio, aggiungendo anche esercizi specifici e in palestra. Fit ball comprese!”
Visto il periodo, possiamo “giocare” un po’. Dimentichiamo per un attimo pasta al pomodoro e bistecchina e pensiamo in grande: un piatto romano che la rappresenta o che le piace particolarmente?
“Se dovessi pensare a un piatto romano, mi viene in mente la Carbonara. Un classico! Anche se non la mangio tantissimo. Ma io sono un patito di dolci, soprattutto adoro il Tiramisù! Quando sei giù…ti tira su! Io non lo so fare, ma mia mamma per fortuna si. Diciamo che il mio approccio con la cucina è piuttosto basico, giusto il minimo indispensabile per sopravvivere: pasta e uova al tegamino. Cose così. Semplici.”
E il menù – ciclistico – del 2016, per restare in tema cucina, invece cosa prevede?
“Per quanto riguarda l’anno prossimo, voglio fare le cose in maniera perfetta. Voglio curare tutto nei minimi dettagli, anche per prevenire gli infortuni. Il 2016 sarà un anno importante: queste due prime stagioni mi hanno permesso di fare esperienza e di prepararmi per i mesi a venire. Credo di essere cresciuto fisicamente, ma anche mentalmente. Tra i miei obiettivi mi piacerebbe che ci fosse il Giro d’Italia, vorrei far bene lì. Poi, se la squadra dovesse darmene l’opportunità, le Classiche delle Ardenne: Amstel, Freccia e Liegi. In teoria io dovrei debuttare al caldo, al Dubai Tour, ma naturalmente al momento i programmi definitivi non sono ancora stati stilati. Staremo a vedere e, intanto, ci prepariamo!”
Ventiquattro mesi nella massima categoria – qualcuno in più se si pensa anche allo stage del 2013 – già in tasca. Altri dodici stanno per cominciare. Che ciclista è diventato e che ciclista pensa che diventerà?
“Più il tempo passa, più si matura. E si capisce quale strada si può percorrere. Io credo di essere un corridore completo e, al momento, mi vedo bene nelle gare di un giorno. Anche se è ancora presto per dire chi sarò e cosa potrò davvero fare, visto che fino ai 25 anni ci sono margini di cambiamento. Per il futuro, nei miei sogni ci sono i Grandi Giri, le corse di tre settimane. Ma anche la conquista di una Classica Monumento sarebbe un qualcosa di fantastico!”