Quando fece la sua comparsa nelle librerie, nel 1873, “Il giro del mondo in ottanta giorni” venne accolto dal pubblico con grande curiosità. L’avventura e la grandiosità dell’impresa narrate nelle pagine immortali di Jules Verne suscitarono nei lettori un senso di meraviglia, ma anche di possibilità. I tempi stavano cambiando e si stava iniziando a correre veloci verso la modernità che, tutti noi, conosciamo.
Nel 2016, il viaggio verniano di Phileas Fogg – meritevole di una scommessa – tra jumbo-jet, treni ultra-rapidi e navi attrezzate come gigantesche metropoli si farebbe in ottanta ore. Quello che era il futuro, oggi è il presente. Quello che era un sogno, oggi è una realtà. Distanze, un tempo, insormontabili adesso vengono abbattute al ritmo di un “clic”. Effetto globalizzazione.
FRATELLANZA – Globalizzazione della vita, ma anche dello sport in generale e del ciclismo in particolare. La bicicletta, in un’epoca in cui non esistono più confini geografici e di idee, ha pedalato lontano, arrivando in un “nuovo mondo” delle due ruote: Paesi dove la tradizione di questa disciplina è ancora giovane, ma già ben radicata e proiettata verso un domani tutto da vivere. Come Israele dove, nel 2015, ha visto la luce il Cycling Academy Team.
Sede a Tel Aviv, base logistica nell’italianissima Lucca, a raccontare la storia della formazione Continental è Matteo Algeri, bergamasco doc, da inizio anno direttore sportivo dei nero-verdi.
“Il Cycling Academy Team è nato grazie a Ran Margaliot, ex professionista israeliano con la Saxo che, all’inizio della stagione scorsa, ha creato questa squadra con l’idea di favorire il passaggio al professionismo di quegli atleti che, nei propri Paesi, hanno meno possibilità di confrontarsi con il ciclismo ad alto livello. In Israele il ciclismo si è attivato proprio grazie a Ran e alla Federazione. Sta crescendo moltissimo. Uno dei finanziatori è un mecenate canadese, che vive a Tel Aviv e sta anche costruendo il Velodromo in quella città. Per quanto mi riguarda, invece, conosco Ran da molti anni e, così, quando mi ha chiesto di collaborare ho accettato. Abbiamo gli stessi obiettivi e ci siamo subito trovati d’accordo.”
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INTERNAZIONALITA’ – Internazionalità è la parola-chiave di questo gruppo, che nell’organico 2016 conta diciassette atleti provenienti da dieci Paesi differenti: Israele (Guy Gabay, Roy Goldstein, Omer Goldstein, Zohar Hadari, Max Korus, Guy Sagiv, Aviv Yechezkel), Canada (Guillaume Boivin), Stati Uniti (Chris Butler), Namibia (Dan Craven), Messico (Luis Lemus), Slovacchia (Lubos Malovec), Polonia (Wojciech Migdal, Emanuel Piaskowy), Slovenia (Marko Pavlic), Estonia (Mihkel Raim) e Repubblica Ceca (Daniel Turek).
“Gli israeliani sono tutti giovani e alle prime esperienze internazionali, ma sono ragazzi con delle belle prospettive di crescita. Come i fratelli Goldstein, ad esempio, Roy e Omer. Il più giovane dei due, Omer, ha 19 anni e la sua prima corsa in Europa è stato il Giro della Valle d’Aosta. Si difende bene in salita e ha grandi margini di crescita. Guy Sagiv è il Campione Nazionale, mentre Zohar Hadari è un buon passista. Come dicevo, sono tutti atleti su cui si può lavorare.”
Poi ci sono gli “stranieri”: “Mihkel Raim è il più vincente. E’ dotato di uno spunto veloce che gli permette di essere competitivo sia nelle volate più ristrette che in quelle più ampie. Daniel Turek ha molta classe e un motore eccezionale! Va bene ovunque e si difende dappertutto. Guillaume Boivin, altro ottimo corridore, purtroppo si è fratturato la clavicola e tornerà ad agosto. Chris Butler, invece, è uno scalatore puro. Va benissimo in salita, e quest’anno ha vinto in Ungheria. In generale, possiamo contare su un organico ben assortito e competitivo. Poi, tanti di loro hanno storie particolari alle spalle.”
ACCADEMIA DEL FUTURO – Lingue diverse, culture differenti. Un contesto policromo, che nella “diversità” ha trovato l’unione e l’equilibrio. “Il nostro obiettivo principale è dimostrare che è possibile convivere con persone di diverse nazionalità, religioni, culture. L’anno prossimo implementeremo ulteriormente questo aspetto introducendo anche un atleta musulmano. E’ una cosa cui teniamo molto. L’internazionalità che ci contraddistingue non crea confusione, ma affiatamento. Tutti sono disposti a sacrificarsi l’uno per l’altro. Credo che quello che noi viviamo ogni giorno sia un insegnamento unico e il messaggio che, come squadra, vogliamo trasmettere. Noi non cerchiamo solo le vittorie. Non abbiamo sponsor, infatti, ma partner che credono nella nostra ‘mission’.”
“Noi siamo una vera e propria accademia. Periodicamente vengono fatti dei campi di allenamento, dove Niki Sorensen si occupa della preparazione fisica. Da li, la preselezione per le corse. Ogni gara è un test. Ognuno deve meritarsi il posto. Ma sono atleti. Non si lamentano mai. Sono seri, precisi, puntuali.” Per il futuro, l’obiettivo è ambizioso. “L’anno prossimo puntiamo a diventare un Team Professional. Dal punto di vista del budget, siamo a posto. Dal punto di vista organizzativo, stiamo lavorando. Ora ci aspetta la parte burocratica, ma siamo fiduciosi!”