Ordine d’arrivo:
1° Greg Van Avermaet (Belgio)
2° Jakob Fuglsang (Danimarca)
3° Rafal Majka (Polonia) a 5″
4° Joaquim Rodriguez (Spagna) a 22″
5° Julian Alaphilippe (Francia)
6° Fabio Aru (Italia)
7° Louis Meintjes (Sud Africa)
8° Andrei Zeits (Kazakistan) a 25″
9° Tanel Kangert (Estonia) a 47″
10° Rui Alberto Faria Da Costa (Portogallo)
Dura, infinita, epica, crudele. Una lotta tra uomini veri. Questa è stata la prova in linea che ha aperto le Olimpiadi di Rio de Janeiro assegnando la medaglia del metallo più prezioso a Greg Van Avermaet. Molto di più di un cacciatore di classiche dal fiuto infallibile, da oggi anche campione olimpico. E’ stato lui il più brillante della giornata: entrato nella fuga promossa a metà corsa dall’azzurro Damiano Caruso, bravo a resistere al forcing degli scalatori in salita, lucido nel non incappare in cadute nella insidiosa discesa che conduceva verso la spiaggia di Copacabana, brillante nel recuperare Majka negli ultimi chilometri e a battere i compagni d’avventura allo sprint.
MAJKA TROPPO SOLO – Un finale al cardiopalma, quello regalato dall’Olimpiade brasiliana. Sull’ultima scalata alla vetta di Vista Chinesa, infatti, è stato il forcing degli azzurri a lanciare in avanscoperta il terzetto composto da Vincenzo Nibali (Italia), Sergio Henao (Colombia) e Rafal Majka (Polonia). Tre uomini con 15″ di vantaggio sugli altri protagonisti di giornata. Un manipolo di una decina di atleti comprendenti tutti i più attesi della vigilia con l’eccezione di Chris Froome restato fuori dalla bagarre nel momento decisivo e Richie Porte, incappato in una caduta a 30 chilometri dal traguardo. Così all’ultimo scollinamento: il braccio di ferro nel tratto in pianura conclusivo, però, va in scena solo tra Rafal Majka (davanti) e la coppia Van Avermaet – Fuglsang (dietro).
A sparigliare le carte è, ancora una volta, la discesa dove prima finiscono a terra Sergio Henao (Colombia) e Vincenzo Nibali (Italia), poi anche Geraint Thomas (Gran Bretagna) e Julian Alaphilippe (Francia). L’unico a rialzarsi è il transalpino, mentre per gli altri il sogno a cinque cerchi finisce lì.
Gli ultimi chilometri servno a Van Avermaet e Fuglsang per sorprendere il gruppetto inseguitore e lanciarsi in caccia a un Majka lasciato solo dalla sfortuna in testa alla corsa. Il polacco viene raggiunto a 1500 metri dalla linea bianca, proprio quando tutti gli altri sono tagliati fuori dalla lotta per le medaglie. Sulla via affacciata sulla splendida spiaggia di Copacabana ci sono pochi tatticismi da inventare: ai 250 metri Van Avermaet si alza sui pedali e i titoli di coda possono già iniziare a scorrere. Majka non accenna nemmeno lo sprint, Fuglsang mantiene l’argento. L’oro è di un altro livello, è di Greg Van Avermaet.
ITALIA A BOCCA ASCIUTTA – Capitani, punte, mezze punte e gregari. Alla fine a tenere alto il tricolore resta solo Fabio Aru. Van Avermaet e compagni hanno già tagliato il traguardo da una ventina di secondi, lo spunto veloce non è la migliore arma del sardo e il sesto posto finale avrebbe potuto essere un miraggio se pronosticato al via della prova olimpica. Specie per lui che era partito con i galloni dell’ultimo gregario di Nibali.
Una scivolata, quella di Vincenzo Nibali in un momento cruciale della prova olimpica, getta alle ortiche tutto il piano tattico firmato dal Ct Davide Cassani: nella testa degli appassionati italiani in quel momento passano solo due pensieri. Uno è per le condizioni del Vincenzo-nazionale, l’altra è per le alternative da sparare per poter sperare ancora in una medaglia. Brambilla, Ulissi, Visconti, Gatto, Trentin? Nessuno di questi a disposizione, in corsa c’è solo Fabio Aru. E l’Italia di Cassani resta ancora una volta a mani vuote.
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