Ordine d’arrivo:
1° Jakob Egholm (Danimarca) 2h50’19”
2° Niklas Markl (Germania) a 7″
3° Reto Mueller (Svizzera)
4° Luca Mozzato (Italia)
5° Ziga Horvat (Slovenia)
6° Ziga Jerman (Slovenia)
7° Ide Schelling (Olanda)
8° Jaka Primozic (Slovenia)
9° Sedrik Ullebo (Norvegia)
10° Harry Sweeny (Australia)
21° Michele Gazzoli (Italia) a 1’45”
65° Moreno Marchetti (Italia)
81° Davide Baldaccini (Italia)
82° Filippo Zana (Italia)
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Non un finale impossibile, ma difficile da concretizzare certamente si. Che il tracciato di Doha – Elite a parte – potesse prestarsi a una conclusione diversa da quella in volata era più materia di teorizzazione che pratica possibilità, però gli Juniores sono puledri di razza scalpitanti, creativi e agguerriti. Sono, soprattutto, imprevedibili.
Jakob Egholm sull’asfalto qatariota crea, inventa, costruisce qualcosa che, sino a poco prima, aleggiava solamente nel novero dell’auspicabilità; gli ultimi dei 135,5 km in programma nella sfida dei ragazzi più giovani se li cuce su misura e, alla fine, raccoglie i frutti. E la Maglia Iridata, che finisce sulle spalle di questo possente danese, arrivato tutto solo al traguardo tra lacrime di gioia e incredulità per quella che si è rivelata una vera e propria impresa. Lo sprint, sette secondi più tardi, dispensa solamente le posizioni di rincalzo: le medaglie restanti finiscono al collo del tedesco Niklas Markl, che si prende l’argento, e dello svizzero Reto Mueller, bronzeo. L’Italia non si consola con la quarta piazza di Luca Mozzato.
LA FUGA – La categoria non delude le attese e fa onore alla propria fama, regalando sin dalle battute introduttive lo spettacolo, sino a ora, più frizzante. Oltre che dalle tristemente immancabili cadute, l’avvio è caratterizzato da numerosi scatti, ma l’azione buona si delinea a sessanta km dalla fine quando si sgancia un gruppo di una quindicina di atleti, comprensivo di alcuni pezzi da novanta.
L’Italia dorme, rimane fuori e manca un treno – letteralmente – d’oro, ma a risollevare le patrie sorti una decina di km dopo provvede Luca Mozzato, che riesce a sfruttare la “prova d’appello” e a portarsi insieme ad altri corridori in testa alla corsa, mentre fallisce il tentativo di riaggancio ancor più tardivo di un, comunque, generoso Moreno Marchetti. Il drappello al comando, composto da 21 unità, prende il largo. Presenti, nell’avanguardia, ci sono tra gli altri i danesi Egholm e Johansen, lo statunitense McNulty, il francese Brunel, gli sloveni Jerman e Primozic, l’olandese Schelling, gli svizzeri Hirschi e Mueller, lo stesso Mozzato e il colombaino Bustamante.
L’IMPRESA – Proprio Brandon McNulty, già Iridato a cronometro, cerca più volte di sfoltire le fila e di scongiurare il rush massivo, seppur ristretto, ma sbaglia i tempi. O i compagni d’avventura.
Perfetta è, invece, la tempistica dei nordici Egholm e Johansen, che se ne vanno in coppia con ancora ottomila metri da pedalare. Johansen iniziatore della fiammata, Egholm incollatosi prontamente alla sua ruota. La Francia – forte altresì di Nicolas Debeaumarche – reagisce con Alexys Brunel; la Slovenia, altra Nazionale insieme alla Danimarca ad avere ben tre frecce al proprio arco, al contrario si perde nei meandri del tatticismo e resta a guardare allontanarsi le divise rosso-bianche.
A cinque chilometri dalla fine Egholm rimane da solo al comando, proiettato verso una vittoria annunciata e spettacolare. Il compagno di colori Julius Johansen ce la fa a godere giusto per qualche minuto della compagnia di Brunel prima che entrambi vengano risucchiati dai restanti fuggitivi, lanciati in una rabbiosa volata valevole solamente per i bottini più magri. La medaglia di legno di Mozzato, decisamente agrodolce, nobilita una prova Azzurra altrimenti ben al di sotto delle aspettative.