Giusto il tempo di attaccare il numero sulla schiena. E di realizzare di essere un professionista. La “meglio gioventù” italiana della nuova annata ciclistica promette bene e mantiene meglio. Tra gli “enfant prodige” delle due ruote il più veloce a mettersi in evidenza è stato Raffaello Bonusi, che lo scorso 13 gennaio alla Vuelta al Tachira (Venezuela) ha inaugurato la maglia Androni Sidermec con una vittoria. La prima, per lui, da “titolare” in livrea rosso-bianca e la prima di un corridore dello Stivale nella stagione 2017.
Classe 1992 e 25 anni compiuti il 31 gennaio, le prime esperienze tra i “grandi” il bresciano di Gavardo le aveva fatte nel 2014, quando vestiva i colori della Continental Marchiol insieme all’attuale collega Andrea Vendrame, poi il rilancio con la General Store bottoli Zardini e, nel 2016, lo stage con la formazione Professional diretta dal Team Manager Gianni Savio. Un anno d’oro, quello appena trascorso, che ha regalato all’atleta lombardo tre successi – la perla alla Freccia dei Vini, Classica per dilettanti a Vigevano (Pv), la asiatica doppietta tappa-classifica generale al Tour of China I – e un biglietto per la massima categoria.
“IL CICLISMO E’ LA MIA VITA” – Il 2017, iniziato con un avvio “esplosivo”, prosegue con la voglia di confermarsi e di andare avanti. Lello, come lo chiamano gli amici, è diventato grande e vuole dimostrarlo. “Il ciclismo è la mia vita. Ho iniziato in seconda elementare e non l’ho mai lasciato. Faccio tutto per il ciclismo.” Sacrifici, dedizione, impegno: la strada per chi decide di percorrerla in sella a una biciletta è sempre in salita. “Io credo che non bisogna arrendersi mai. L’impegno e il lavoro ripagano sempre e, alla fine, i risultati arrivano.”
Raffaello, prima corsa e, il 13 gennaio, prima vittoria. Va veloce…
“E’ una cosa indescrivibile. Avevo già vinto in Cina, l’anno scorso, ma questa volta è stato diverso. A dire la verità non me l’aspettavo. Ho passato un inverno difficile, a causa di un problema al ginocchio, così non pensavo di andare là e vincere. Il roster dei partecipanti era di qualità e la prima tappa non mi si addiceva. Sono stato fortunato.”
Si dice che la fortuna aiuti gli audaci…
“Si, è vero. Quel giorno abbiamo vissuto una gara combattuta. Secondo le disposizioni della squadra io e il Frappo – Marco Frapporti, ndr – avevamo il compito di entrare nelle fughe. Lui si è inserito nella prima e, quando a trenta chilometri dalla fine sono stati ripresi, sono partito in compagnia di altri quattro corridori. Siamo riusciti a resistere e, alla fine, in volata ho avuto la meglio.”
Vincere subito: “liberazione” ma anche responsabilità.
“Vincere subito è bellissimo, perché ti da una carica incredibile. Però adesso bisogna riconfermarsi. Bisogna lavorare sodo e dare sempre il massimo.”
Lei, comunque, aveva già esultato da stagista, al Tour of China I.
“Esatto. Ricordo molto bene quel momento. In Italia non stavo benissimo, in quel periodo, ma una volta arrivato in Cina ho visto che la gamba girava bene. Mi sono messo subito a disposizione del mio compagno Marco Benfatto, che ha vinto le prime due tape e, poi, nella terza tappa la squadra mi ha dato carta bianca. Sono riuscito a restare davanti e ho vinto facilmente. E’ andata bene anche li. Poi nell’obiettivo di difendere la maglia di leader della classifica generale il percorso mi ha aiutato molto e la squadra ha controllato benissimo. Devo ringraziare loro!”
Lei ha realizzato quello che per molti resta un sogno: passare professionista. Le sensazioni?
“Passare professionista è il sogno che hanno tutti quelli che pedalano, quindi firmare quel contratto è stato un momento fantastico. Devo ringraziare Frapporti che mi ha fatto conoscere i direttori sportivi della Androni Sidermec, che non smetterò mai di ringraziare per la fiducia accordatami. Ora non penso tanto ‘distante’. Penso al presente, a lavorare bene e a sfruttare le occasioni che mi verranno date. Un passo alla volta…”
Prima tanta gavetta. E, appunto, lo stage sempre con l’Androni Sidermec nel 2016.
“Lo stage mi aveva aiutato molto. Quest’anno mi sono sentito subito a mio agio. Ci sono molti giovani e praticamente ci conoscevamo già tutti. Già dal primo ritiro si è creato un gruppo bellissimo e molto affiatato. Mi sto trovando davvero magnificamente.”
Ora dove la mandano?
“Per le prossime gare andrò in Francia. Si inizia con l’Haut Var il 18 febbraio, poi Provenza, Classic Sud Ardeche. Il Limousin l’avevo già fatto. Duretto!”
Non ci sarà, invece, nel vostro calendario il Giro d’Italia. La sua opinione di corridore?
“Eravamo molto fiduciosi di riuscire ad avere l’invito. Io forse non avrei partecipato quest’anno, però parlando con i più esperti sono tutti d’accordo nel dire che poter gareggiare al Giro è l’occasione migliore. Senza Giro il calendario perde. Non voglio pensare cosa succederebbe se a causa della mancata partecipazione le squadre decidessero davvero di chiudere, come era stato ventilato. Spero che la FCI guardi al futuro del ciclismo. Gianni – Savio, ndr – quest’anno ha concretizzato un bellissimo progetto, con molti giovani. Dare l’opportunità a un giovane di partecipare a una corsa come il Giro d’Italia sarebbe importantissimo.”
Dopo le domande “tecniche”, quelle personali. Quando ha iniziato a correre?
“Da giovanissimo. Giocavo a calcio nella squadretta del paese, ma ero negato. Non mi piaceva. Poi una volta è stata organizzata una gara in mtb e ho partecipato con Sonny Colbrelli. C’era un nostro amico che correva e ci hanno preso. Il DS di quella squadra era il papà di Frapporti. Poi sono andato avanti. Diciamo che ho avuto un passato movimentato. Ho cambiato tante squadre. Da dilettante ho gareggiato con Team Idea, Gavardo, Palazzago, Marchiol Continental. Quell’anno avevo corso poco ma quell’esperienza tra i professionisti mi aveva aiutato tanto. E, alla fine, sono approdato alla General Store, dove mi sono trovato benissimo sin dal primo anno. Lì sono riuscito finalmente a esprimermi e li ringrazio davvero di cuore per tutto quello che hanno fatto per me.”
Una vittoria da ricordare?
“Le vittorie me li ricordo tutte. La migliore, due anni fa a Ceglie Messapica. Quella è speciale, perché era da un po’ che non vincevo. E’ una corsa che spesso è stata vinta da ciclisti bresciani. Ci porta bene! E lì mi sono sbloccato…”
Gara dei sogni?
“Strade bianche e Giro d’Italia…”
Se non avesse fatto il ciclista?
“Non mi vedo a fare nessun altro lavoro. Io ho fatto l’ITIS, perito meccanico, ma non ero tanto portato con la scuola. I miei genitori hanno una piccola azienda che si occupa di lavorazioni meccaniche e, quindi, credo che sarei andato a lavorare con loro.”
La sua giornata-tipo quando non gareggia?
“Mi alzo, faccio colazione ed esco in bici. Poi torno a casa e mi rilasso. Ho tante passioni: guardo i film, esco con gli amici…”
Ciclista preferito?
“Alberto Contador mi piace molto, perché cura i dettagli più di tutti. Da piccolino Lance Armstrong…”
Altri sport?
“Seguo la Juve. Non sono un tifoso sfegatato, però se c’è una partita in tv me la guardo!”
Raffaello. Nome artistico, importante…
“Piaceva a mia mamma. Sa un po’ di Tartarughe Ninja. C’erano anche Leonardo, Michelangelo…ma sono figlio unico, e quindi…”
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