Il primo Consiglio Federale del nuovo mandato presidenziale di Renato Di Rocco ha confermato la maggior parte della propria struttura tecnica e, dopo l’uscita di scena di Huber Pallhuber, ha scelto di cambiare la direzione della nazionale italiana di MTB, incaricando l’ex professionista ligure Mirko Celestino; dopo la prima uscita ufficiale del nuovo ct azzurro delle ruote grasse, in occasione della presentazione del Team MTB Bianchi Countervail, Celestino ha affidato le proprie parole ai microfoni di ciclismoweb.net.
Mirko Celestino, dopo una lunga carriera da professionista (prima su strada e poi in mountainbike) ora sei il nuovo C.T. della nazionale italiana, settore fuoristrada. Sei emozionato?
“L’emozione è tanta, ma la voglia di far bene e di dimostrare che, oltre ad essere stato un buon corridore, sarò anche un valido tecnico”.
Quando è nata questa idea? E’ stata una scelta tutta tua o hai avuto anche altre pressioni esterne?
“L’idea di diventare CT è nata durante il periodo invernale quando mi sono giunte notizie di un possibile ritiro di Hubi Pallhuber e così ho comunicato alla federazione attraverso il mio curriculum, la mia disponibilità e le mie intenzioni da C.T. E’ stata una mia scelta, presa insieme a mia moglie Manuela, ma ho chiesto anche pareri a persone a me care, persone che mi hanno insegnato tutto sul mondo del ciclismo”.
In carriera hai vestito più volte la maglia azzurra, cogliendo tra l’altro ottimi risultati anche su prestigiosi traguardi. Ora che sei tu a “dirigere” la nave, cosa significa per te questa nuova avventura e con che mentalità la affronti?
“Sono sempre stato abituato da corridore ad avere ruoli importanti come quello di capitano e non mi sono mai tirato indietro assumendomi sempre la responsabilità di questo ruolo e questo mi ha fatto crescere forte mentalmente, sarà questo che vorrò insegnare ai ragazzi… togliersi dalla testa la paura perchè la paura è perdente!”
Cos’è per te la maglia azzurra?
“La maglia azzurra è stata per me motivo di orgoglio, chiunque avesse la possibilità di indossarla dovrebbe portarle molto rispetto perchè non è una cosa scontata”.
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Hai già accennato, nei giorni scorsi, a quanto sia importante per te la crescita del settore giovanile. Perché secondo te è così fondamentale?
“Il settore giovanile è molto importante perchè e lì che si formano i campioni, è nell’età giovanile che formi il carattere e la mentalità giusta”.
Qualche anno fa sei passato alla storia come uno dei primi a correre una Marathon con pedali e scarpe da strada. Toglici una curiosità, da cosa nacque questa scelta?
“Ero talmente abituato ai pedali da strada che i pedali da mtb li trovavo troppo piccoli, quindi, difficili da agganciare, ma presto li abbandonai perchè, per via della mia scarsa tecnica, dovetti affrontare molti tratti a piedi”.
Che consiglio daresti ad un giovane biker che aspira a guadagnarsi la maglia azzurra?
“Gli consiglierei di fare esperienza soprattutto nelle “grandi gare”, come gli Internazionali d’Italia, confrontandosi con tutti i migliori avversari in circolazione”.
Sei il commissario tecnico della MTB, ma hai mai pensato, magari in passato, di diventare C.T. della nazionale su strada?
“Onestamente in passato non ho mai pensato di poter avere questa carica così importante, ora che però è già da due anni che ho smesso di correre sono pronto a mettermi in gioco in questo ruolo nel settore del fuoristrada”.
Per quanto riguarda le Marathon hai una grande esperienza sia personale che dell’ambiente accumulata negli anni. Come pensi di gestire invece il settore del Cross Country? Sfrutterai i consigli di qualche collaboratore o di alcuni atleti di punta?
“Il settore Cross country non mi spaventa anche se per me sarà un mondo abbastanza nuovo, in fondo la fatica e le senzazioni che un atleta prova in sella alla bici è la stessa in entrambe le specialità. Sicuramente gli atleti più esperti in questo settore mi potranno dare una mano per imparare più velocemente”.
Quali devono essere, secondo te, le qualità di un buon commissario tecnico?
“Saper ascoltare ma senza farsi condizionare, saper parlare con gli atleti e i loro team manager per non avere conflitti, e saper confortare un atleta quando le cose vanno storte”.
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