La Lega del Ciclismo Professionistico, ritenuto che i contenuti della riforma del ciclismo proposta dall’UCI a partire dalla stagione 2020 possano portare, per come oggi presentati, a un grave danno per tutto il movimento ciclistico italiano e in particolare per i propri associati Gruppi Sportivi professionistici e Enti Organizzatori di gare professionistiche, ha deciso di presentare un ricorso contro la nuova normativa internazionale presso le istituzioni europee antitrust.
“Riteniamo che il ciclismo italiano, che dovrebbe rappresentare un valore assoluto per tutto il movimento, visto che si tratta di uno dei paesi leader nel mondo in questa disciplina, non possa rischiare di essere pressoché azzerato sulla base di parametri che hanno ben poco a che fare con il valore sportivo. Le regole poi non possono essere cambiate a stagione in corso, senza che si conoscano i dettagli completi della riforma e senza avere il tempo di valutare le possibili conseguenze economiche e sportive” si legge nel comunicato della Lega Ciclismo.
Meno di un anno fa era stata prospettata, dall’UCI stessa, una riforma completamente diversa rispetto a quella attuale, con meno squadre di prima fascia e un meccanismo sportivo di promozione e retrocessione che oggi è completamente assente. Oggi si parla di aumentare le squadre World Tour, creando un circuito chiuso e togliendo quasi completamente la possibilità di sopravvivenza a team di seconda fascia.
Anche per quello che riguarda gli Organizzatori di classe 1 e HC rileviamo che a un aumento di costi e adempimenti, non corrisponde una maggiore possibilità di avere una partecipazione di qualità, essendo tra l’altro aumentate le giornate di gara World Tour.
“Se il senso della riforma è quello di mondializzare ulteriormente il nostro sport e proporre sul mercato mediatico internazionale degli eventi sportivi attrattivi, crediamo che debba essere fatto accompagnando la crescita dei soggetti che hanno fatto la storia del nostro sport e ne garantiscono continuità e solidità. Rincorrere soluzioni “mordi e fuggi” basate su potenzialità economiche di breve periodo, destinate a dissolversi nel giro di pochi anni può dimostrarsi una politica sportiva rischiosa e senza possibilità di futuro. Occorre stabilizzare il movimento e renderlo sostenibile dalla base fino all’alto livello aiutando le Federazioni nazionali a garantire ai giovani l’accesso a calendari e strutture professionali. Se si perde questo patrimonio di tradizione, esperienza e passione, sviluppato in oltre cent’anni di attività, anche l’alto livello in breve non potrà più esistere poiché ogni struttura sana ha bisogno di nuova linfa e radici salde per svilupparsi. Il ciclismo è uno sport popolare, diffuso, che si basa un gran numero di partecipanti e su un calendario diffuso e articolato. Non vogliamo che sia trasformato esclusivamente in un business nel quale pochi soggetti multinazionali, sempre gli stessi, formano una superlega per ricchi. Un danno per i tifosi e per lo sport” ha concluso l’associazione che unisce il professionismo italiano.